Si stima che nel mondo vi siano 35 milioni di persone colpite da demenza, di cui il 50% sperimenta forme di dolore cronico – tanto più probabili quanto più l’età è avanzata, esattamente come avviene nella popolazione generale. Nonostante queste cifre imponenti, e a differenza di quanto si registra, pur con difficoltà, per la popolazione generale, l’accertamento diagnostico e la cura del dolore in questo gruppo di pazienti sono ancora particolarmente inadeguati. Il dolore, inoltre, provoca spesso disturbi comportamentali che vengono trattati in modo inappropriato con farmaci antipsicotici, e complica – in ultima analisi – il trattamento e la cura della demenza stessa.
La causa più comune di demenza è il morbo di Alzheimer, ma anche la demenza vascolare, la demenza frontotemporale e la demenza da corpi di Lewy (aggregati proteici anormali che si sviluppano all'interno delle cellule nervose) hanno un’elevata prevalenza. Oltre ai ben noti effetti sulle facoltà cognitive, e la memoria in particolare, la demenza è responsabile di numerosi altri sintomi, fra cui disturbi del comportamento, problemi psicoemotivi, deterioramento del linguaggio e della capacità di comunicare. Questi disturbi sono definiti “sintomi comportamentali e psicologici della demenza” (behavioral and psychological symptoms of dementia, BPSD), e possono mimare determinate condizioni psichiatriche: il punto è che il dolore è uno dei più importanti fattori scatenanti di questi sintomi (in particolare, l’agitazione e l’aggressività), ed è perciò scorretto prescrivere terapie antipsicotiche senza prendere prima in considerazione la natura e l’intensità di tale dolore, e curarlo appropriatamente.
I numeri della letteratura confermano queste criticità. Gli Autori, nel preparare la review, hanno reperito su Medline 1669 pubblicazioni sulla cura del dolore in condizioni di demenza: ma mentre la prima menzione del dolore è del 1989, la prima review organica sul problema risale solo al 1996, il che conferma che l’interesse scientifico per l’argomento è relativamente nuovo.
La review di Achterberg e collaboratori analizza il problema da quattro diversi punti di vista, formulando raccomandazioni per la pratica clinica e la ricerca:
1) primo punto di vista: realtà del dolore. Vi è una notevole incertezza in letteratura sull’impatto della demenza sulla percezione e l’elaborazione del dolore, dal momento che le lesioni della materia bianca e l’atrofia cerebrale sembrano influenzare sia l’intensità sia gli aspetti affettivi legati al dolore stesso;
2) secondo punto di vista: diagnosi del dolore. Questa è una sfida particolarmente importante, a causa della limitata capacità che queste persone hanno di riferire i propri sintomi, il che implica che la diagnosi si deve basare in larga parte su metodi osservazionali. La qualità psicometrica e l’utilità clinica degli strumenti oggi disponibili sono dubbie;
3) terzo punto di vista: terapia del dolore. Anche le evidenze sull’efficacia dei trattamenti analgesici sono dubbie, e supportate da pochi trial statisticamente significativi.
4) quarto punto di vista: formazione dei professionisti. Ulteriori difficoltà sono dovute all’insufficiente preparazione dei professionisti della salute a tutti i livelli.
Le evidenze che emergono dalla review confermano le gravi difficoltà che caratterizzano la diagnosi e la terapia del dolore nelle persone affette da demenza, e la necessità di un approccio globale al problema.
La sfida è cruciale, avvertono gli Autori, perché l’andamento demografico dei prossimi decenni porterà a un notevole aumento nel numero già oggi molto elevato di persone colpite.
Uno degli obiettivi più importanti e urgenti è la messa a punto di un toolkit diagnostico che abbia buone caratteristiche psicometriche, possa essere utilizzato con diverse tipologie di pazienti, sia disponibile in lingue differenti, sia flessibile e facile da usare, e risulti pratico e utile anche per il personale infermieristico e altre figure professionali. A questo obiettivo si dedica l’iniziativa quadriennale “European Cooperation in Science and Technology (COST) – Pain assessment in patients with impaired cognition, especially dementia” avviata nel 2011.
In parallelo, è indispensabile investire nell’educazione continua dei medici e degli altri professionisti della salute per ottimizzare l’uso di questo e altri tool diagnostici, favorire la messa a punto di appropriate terapie e scoraggiare l’attuale riluttanza a prescrivere analgesici efficaci alle persone affette da demenza.
L’ultimo step, concludono gli Autori, dovrà essere la creazione di “pain team” dedicati a queste persone e composti da tutte le professionalità cliniche implicate nel problema.