Guida alla lettura
Nel brano proposto, che ritroviamo nell’ultimo capitolo del volume e che tanto può illuminarci sul concetto di promozione della qualità della vita, Sacks condivide con il lettore il senso di meraviglia e lo sbalordimento per la risposta, a più livelli, che la musicoterapia può suscitare nei pazienti con demenza, «anche quando ormai quasi nient’altro riesce a toccarli».
In particolare, si evidenzia come la musica familiare, che per sua natura custodisce i tesori del passato, possa far ritrovare a questi e queste pazienti la “grazia sognante” di un mondo apparentemente perduto, per usare una bella espressione di Proust, l’artista che dei ricordi involontari (“le improvvise intermittenze del cuore”) provocati da un suono, da un colore, da un profumo, da un sapore, ha fatto il motivo dominante della sua monumentale opera.
Nella demenza, la carica emotiva e affettiva delle vecchie canzoni (che agirebbero, quindi, come una sorta di “madeleine” o “petite phrase” della Sonata di Vinteuil, per citare due celebri episodi della Recherche), oltre a favorire il riemergere di pensieri e ricordi biografici, può innescare reazioni in grado di concorrere, per quanto possibile, al miglioramento complessivo delle condizioni di vita: la «musica di un certo tipo» può stimolare il senso d’identità; creare atmosfere intense e vitali; favorire il sorgere di legami; far sperimentare il calore della condivisione e dello stare insieme; invitare al canto, che nel setting di musicoterapia collettiva è in grado di generare momenti di altissima bellezza; e «restituire chi è perso nella demenza, seppure soltanto per poco, a se stesso e agli altri».
La musica familiare agisce come una sorta di proustiano aiuto mnemonico, suscitando emozioni e associazioni da tempo dimenticate, e consentendo, ancora una volta, l’accesso a stati d’animo e ricordi, pensieri e mondi, in apparenza completamente perduti. I volti si animano di espressione mentre i pazienti riconoscono la vecchia musica e ne avvertono il potere emozionale. Una o due persone, forse, cominciano a cantare, altre poi si uniscono, e ben presto l’intero gruppo – molti elementi del quale erano pressoché privi della parola – canta insieme, nella misura in cui può farlo.
«Insieme» è una parola fondamentale, perché qui fa presa il senso della comunità, e questi pazienti, che sembravano irrimediabilmente isolati dalla malattia e dalla demenza sono in grado, almeno per un po’, di riconoscere gli altri e stabilire dei legami.
Biografia
Medico colto e sensibile, ha scritto numerosi libri sui suoi pazienti, sviluppando e approfondendo un genere letterario – quello delle storie cliniche – risalente alla tradizione del XIX secolo. In essi, Sacks descrive non solo le patologie neurologiche, ma anche e soprattutto l’esperienza personale delle persone affidate alle sue cure.
Quando un caso risulta incurabile, il racconto si focalizza sul modo in cui la persona riesce ad adattarsi alla sua malattia, facendo forza sulla proprie risorse affettive, culturali, morali, ma spesso anche grazie alla “plasticità” del cervello, ossia alla sua capacità di minimizzare gli effetti di un danno localizzato chiamando sinergicamente in azione altre aree intatte.
Attraverso queste storie esemplari, Sacks scolpisce ritratti talvolta inquietanti, sconvolgenti, ma sempre indimenticabili e profondamente umani; e dimostra come la medicina, pur nell’assoluto rigore scientifico che la deve ispirare, non debba mai dimenticare che una persona non si identifica con la sua malattia, e ha sempre una forza interiore e una dignità che trascendono anche le condizioni di sofferenza più inspiegabili e crudeli.
Fra i suoi libri più celebri, oltre a “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” (1986), ricordiamo Risvegli (1987), da cui è stato tratto un film con Robin Williams e Robert De Niro; Vedere voci (1990); Su una gamba sola (1991); Emicrania (1992); Un antropologo su Marte (1995); L’isola dei senza colore (1997); Zio Tungsteno (2002); Musicofilia (apparso per la prima volta nel 2007; la nuova edizione riveduta e ampliata è del 2009); L’occhio della mente (2010).