Sapevo di essere un caso complicato, avevo collezionato tanti pareri medici, e tutti finivano con la solita frase odiosa: «Lei ha partorito con il cesareo, ha molte malattie autoimmuni, non c’è niente da fare. Sopporti e non ci pensi».
Da oltre due anni conoscevo quel prurito vaginale, che era ormai diventato insopportabile; mi assaliva di giorno e di notte: un vero spasmo. Non potevo avere rapporti perché troppo dolorosi, e il dolore anche dopo si protraeva a lungo. Ero umiliata e ferita come donna, come moglie.
Sedici anni fa sono stata sottoposta a tiroidectomia; nel 2001 a colecistectomia e a isteroannessiectomia; nel 2002 a surrenalectomia per una sindrome di Cushing. Da quel momento comparvero numerose malattie autoimmuni: poliartralgie; cheratocongiuntivite secca; alopecia aerata grave; osteopenia; anemia perniciosa; frequenti episodi di iperpiressia; vaginiti ricorrenti; allergia al nichel 4+; gastrite cronica autoimmune; dolicolon.
La dottoressa mi vede, fa la sua diagnosi: lichen sclerosus vulvare e vestibolite vulvare. Mi attengo scrupolosamente alle sue cure. Mio marito mi sostiene, è sempre vicino a me, comprende e accetta tutto: cure e rinunce.
Dopo nove mesi sono di nuovo la donna che conoscevo, forse anche meglio, più sicura, serena e felice. Ho ritrovato me stessa e la gioia di vivere.
Le mie aspettative non sono state tradite.
La dottoressa ha trovato la cura appropriata, sostenendomi di volta in volta, dimostrandomi la sua fiducia nella mia capacità di guarigione.
Non bisogna disperare, ma continuare a credere che, come c’è un inizio della malattia, c’è anche il modo di curarla e di debellarla. Ed è altrettanto vero che esistono medici che sanno conciliare la loro elevata professionalità con l’ascolto, e rapportarsi all’ammalato con grande umanità.
Barbara P.