L’insufficienza cardiaca (o scompenso cardiaco) è una condizione in cui il cuore non riesce a pompare sangue in quantità sufficiente da soddisfare le esigenze dell’organismo. Nella donna, la vulnerabilità al problema aumenta con la carenza estrogenica conseguente alla menopausa, e a causa di stili di vita errati (fumo innanzitutto). La malattia renale cronica è una lenta e progressiva riduzione della capacità dei reni di filtrare le scorie metaboliche dal sangue. La sindrome di fragilità è caratterizzata da progressiva perdita di peso, riduzione della forza muscolare, rallentamento dei movimenti, affaticabilità.
Secondo il gruppo di studio giapponese, l’insufficienza cardiaca lascia nell’organismo una memoria dello stress in forma di alterazioni del DNA delle cellule staminali emopoietiche (hematopoietic stem cells, HSC), e questo predispone all’insufficienza cardiaca ricorrente e alle comorbilità associate. In particolare, durante lo scompenso cardiaco il fattore di crescita trasformante beta (TGF-β) viene inibito nelle HSC, riducendo la produzione di macrofagi e quindi alterando, in direzione pro-infiammatoria, la capacità di risposta del sistema immunitario.
In modelli animali, il trapianto di midollo osseo da ratti con esperienza di scompenso cardiaco ha provocato disfunzione cardiaca spontanea nei ratti riceventi, nonché una maggiore vulnerabilità agli insulti renali e all’indebolimento dei muscoli scheletrici, perché le HSC continuavano a produrre cellule immunitarie difettose.
Sebbene altri tipi di stress possano imprimere questa “memoria” nelle cellule emopoietiche, gli Autori ritengono che quello indotto dallo scompenso cardiaco sia particolarmente significativo. Per contro, migliorare i livelli di TGF-β potrebbe aprire nuove vie per il trattamento preventivo dell’insufficienza cardiaca ricorrente, mentre la misurazione della memoria da stress potrebbe contribuire alla definizione di un protocollo di diagnosi precoce per questa patologia cardiaca e le comorbilità ad essa collegate.