Guida alla lettura
L’opera è composta da una breve prosa, molto ritmata e musicale (secondo le norme del “cursus” in uso nel Medioevo e fissate, nel XI secolo, dalle “Artes dictaminis”), e dalla poesia vera e propria. Si tratta quindi di un “prosimetro”, una forma che risale al mondo greco-latino e di cui l’esempio più illustre, nella nostra letteratura, è la “Vita nova” di Dante Alighieri. Ci troviamo dunque di fronte a un artista di grande consapevolezza storica e formale.
Lo stile di Alexis è semplicissimo e asciutto, le parole sono tratte dal linguaggio quotidiano: ma ogni concetto pesa come un macigno sulla nostra coscienza individuale e collettiva. Il poeta inquadra innanzitutto l’amara contraddizione della vita della piccola: ha quattro anni e un nome dall’alto significato storico, eppure la sua vita si consuma nella polvere di una strada innominata. Elisabetta ha perso tutti i familiari: le restano pochi oggetti senza valore, che accrescono il senso della sua povertà. Solo a questo punto il poeta chiarisce l’enormità della sciagura che ha colpito la bambina: le ombre sinistre di cinque tombe galleggiano nel suo sguardo traumatizzato. A questa creatura abbandonata non possiamo portare nemmeno il conforto di una fiaba, perché tutto il suo mondo è stato devastato dalla guerra, e nulla resta da raccontare, nemmeno il perché di quelle bombe che, un giorno, hanno rapito la luce della sua fanciullezza.
Alexis era particolarmente sensibile alla psicologia dei bambini, e due parole chiave – incanto e favola – esprimono bene il danno profondo che la violenza prematuramente subita produce sui loro piccoli cuori: non è solo l’amore che viene perduto, è il loro sguardo sul mondo e sul futuro che viene sfigurato per sempre, senza che ci possa mai essere una vera possibilità di riscatto. Quelle ferite lasciano cicatrici indelebili che il mondo ha il dovere di curare, ma non il potere di guarire.
Il dramma di Elisabetta assomiglia a quello dei tanti orfani delle guerre di oggi, dei bambini smarriti che sbarcano sulle coste d’Europa, in fuga da quelle stesse bombe, da quella stessa oscurità di morte. Potremo mai smentire Alexis? Tornerà mai un tempo in cui potremo raccontare a questi bambini perduti che la vita non è soltanto smarrimento e paura, nostalgia e angoscia, che qualcosa di autentico e amorevole è in realtà rimasto dopo la furia della battaglia? Forse quel tempo esiste come pura potenzialità, come orizzonte a cui tendere ogni giorno con i nostri atti e i nostri pensieri. Solo il futuro dirà se saremo stati capaci di abbattere le porte dell’inferno che ci circonda e di riaffermare, di nuovo, le ragioni della vita.
Voi potrete risvegliarla sol chiamandola per nome, ma in ginocchio e con quel tono che ogni voce deve usare quando vuol chiamar perdono!
Si chiama Elisabetta.
Ha quattro anni, un nome che è regale
e vive con la polvere del viale.
Dal mondo ha ereditato una gavetta,
un sacco vuoto, un grembiulino bruno
e un paio di scarpe numero trentuno.
Rimasta senza incanto,
Elisabetta non ha più nessuno!
Che cosa raccontiamo alla bambina
che va portando un mestolo di pianto
e dentro le pupille ha cinque tombe?
Raccontiamo la storia delle bombe?
Niente racconteremo,
perché niente è rimasto.
Nel solco più profondo,
Elisabetta ha sepolto la favola del mondo!
Biografia
Profondamente colpito dall’esperienza della seconda guerra mondiale, scrive liriche amare e crude, cariche di tensione, che narrano la fame, la solitudine, la mutilazione, la morte, e la tragica assurdità dei conflitti. Amico di Charlie Chaplin, compone in suo onore “Esequie per un clown”.
Adottato dalla cittadina di Condove, sulle meravigliose alture della Valle di Susa, alle porte di Torino, muore nel 1983.
Informazioni bibliografiche a cura di Luciano Bacchiega, bibliotecario di Condove (Torino)