La neuroinfiammazione è strettamente associata alla patogenesi del morbo di Parkinson e di altre patologie neurologiche. Crescenti evidenze suggeriscono che l’inibizione dell’infiammazione mediata dalla microglia possa avere un promettente potenziale terapeutico per tali malattie: a questo tema è dedicato il lavoro di F. Zhang e collaboratori, del National Institute of Environmental Health Sciences presso i National Institutes of Health, North Carolina, USA. La fluoxetina, un inibitore selettivo del reuptake della serotonina (SSRI), è comunemente utilizzato nel trattamento della depressione maggiore, a causa della sua tollerabilità e del suo profilo di sicurezza. Studi recenti hanno dimostrato come la fluoxetina offra anche una robusta neuroprotezione in una serie di patologie neurologiche, anche se il meccanismo che sottende questo effetto protettivo è ancora poco chiaro. Gli Autori, in particolare, illustrano come in una coltura di neuroglia di ratti la fluoxetina attenui la neurodegenerazione cronica indotta da fattori infiammatori. In particolare, la fluoxetina inibisce in modo significativo l’attivazione della microglia indotta dai lipopolisaccaridi, e il conseguente rilascio di molteplici fattori proinfiammatori e citotossici, come il fattore di necrosi tumorale alfa, l’interleuchina 1β e l’ossido nitrico. La fluoxetina, concludono gli Autori, può quindi ritardare il processo neurodegenerativo cronico del morbo di Parkinson correlato all’infiammazione.
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ATTENZIONE: Ogni terapia va individualizzata e monitorata in ciascuna paziente dal medico specialista esperto nel campo. Queste schede informative non possono in alcun modo sostituirsi al rapporto medico-paziente, né essere utilizzate senza esplicito parere medico
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