EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

Dolore cronico: il ruolo predisponente di un uso non appropriato degli oppioidi

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
Dolore cronico: il ruolo predisponente di un uso non appropriato degli oppioidi
19/09/2024

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Commento a:
Echeverria-Villalobos M, Tortorici V, Brito BE, Ryskamp D, Uribe A, Weaver T.
The role of neuroinflammation in the transition of acute to chronic pain and the opioid-induced hyperalgesia and tolerance
Front Pharmacol. 2023 Dec 15;14:1297931. doi: 10.3389/fphar.2023.1297931. PMID: 38161698; PMCID: PMC10755684
Descrivere i meccanismi alla base della neuroinfiammazione e della cronicizzazione del dolore, e il ruolo degli oppioidi nella progressione dell’iperalgesia e dell’assuefazione all’azione dei farmaci: è questo l’obiettivo della review coordinata da Marco Echeverria-Villalobos del Dipartimento di Anestesiologia presso il Wexner Medical Center della Ohio State University a Columbus, Stati Uniti.
Le evidenze attuali indicano come l’attivazione delle cellule gliali e immunitarie porti a una maggiore produzione di mediatori pro-infiammatori, creando progressivamente uno stato neuroinfiammatorio. Inoltre è stato dimostrato che la neuroinfiammazione è un meccanismo fondamentale nella genesi del dolore acuto (segnale di danno in corso) e nella sua transizione a dolore cronico e neuropatico (malattia in sé). In questo scenario, un ruolo fondamentale è ricoperto appunto dall’attivazione delle cellule gliali, che all’interno del sistema nervoso centrale nutrono i neuroni, assicurano l’isolamento dei tessuti nervosi e svolgono importanti funzioni immunitarie.
Il processo che i ricercatori descrivono può essere descritto in questi termini:
- l’evento nocivo che stimola le fibre nervose afferenti periferiche attiva anche i recettori nocicettivi situati nei gangli delle radici dorsali e nella corna dorsali del midollo spinale, e le cellule gliali periferiche, innescando la sensibilizzazione periferica e diffondendo l’infiammazione al cervello (neuroinfiammazione);
- una volta attivata, la microglia centrale inizia a produrre citochine, chemochine e neuropeptidi, che a loro volta possono aumentare la sensibilità e l’attività elettrica (“firing”) dei neuroni di secondo ordine, sovraregolando la trasmissione dei segnali nocicettivi alla corteccia cerebrale.
Questo processo, noto come sensibilizzazione centrale, è fondamentale per la cronicizzazione del dolore acuto.
Le interazioni immuno-neuronali sono anche implicate nella relazione fra dolore e oppioidi. Le più recenti evidenze suggeriscono che le cellule immunitarie e gliali attivate possono alterare la funzione neuronale, indurre e mantenere il dolore neuropatico, e alterare gli effetti analgesici dei farmaci oppioidi, contribuendo allo sviluppo di tolleranza e dipendenza, e causando persino iperalgesia paradossa. Tali anomalie possono verificarsi quando l’ambiente neuronale è influenzato da traumi, infiammazioni e molecole derivate dal sistema immunitario, oppure – ed è questo il punto centrale per il discorso dei ricercatori statunitensi – quando gli oppioidi stessi inducono l’attivazione gliale pro-infiammatoria.
La review si articola in tre capitoli principali:
1. Il ruolo fondamentale della risposta immunitaria e dell’attivazione gliale nella transizione dal dolore acuto a quello neuropatico e cronico;
2. Importanza del sistema nervoso enterico nel dolore acuto e cronico;
3. La neuroinfiammazione associata agli oppioidi.
Il logico corollario di questo studio è che l’impiego degli oppioidi deve essere limitato il più possibile al controllo del dolore da metastasi tumorali e che, per la terapia delle altre forme di dolore, si dovrebbero seguire prioritariamente altre strategie farmacologiche, oltre a stili di vita sani (attività fisica in primis).
Sullo stesso argomento per professionisti

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter