In generale, sappiamo che l’infiammazione accresce il rischio oncologico danneggiando il DNA, stimolando l’angiogenesi e potenziando i processi pro-proliferativi e anti-apoptotici.
Il cancro dell’endometrio origina dalle ghiandole della mucosa che riveste la cavità del corpo dell’utero. E’ il tumore più frequente nell’apparato genitale. La mortalità, però, è notevolmente inferiore a quella per cancro ovarico e della cervice.
Lo studio ha coinvolto 522 donne, di etnia prevalentemente bianca britannica, età media 66 anni (56-73), indice medio di massa corporea 32 (26, 39). Prima di avviare le terapie oncologiche, sono stati misurati la proteina C-reattiva (PCR), il Glasgow Prognostic Score e tre marker infiammatori basati sulla conta dei linfociti: il rapporto neutrofili-linfociti (RNL), il rapporto monociti-linfociti (RML), e l’indice sistemico di infiammazione (SII).
Questi, i sintesi, i risultati:
- la maggior parte delle pazienti aveva un adenocarcinoma endometrioide (74.5%) di basso grado (67.2%) e di stadio I o II (85.4%);
- nelle donne che, in fase di pre-trattamento, avevano un valore di PCR ≥5.5 mg/L si è registrato un incremento del 68% del tasso di mortalità generale (aHR = 1.68, 95% CI 1.00-2.81, p = 0.049) e un rischio doppio di mortalità correlata al cancro rispetto alle donne con una PCR <5.5 mg/L (aHR = 2.04, 95%CI 1.03-4.02, p = 0.04);
- i linfociti assoluti e i valori di RNL, RML e SII correlano in misura significativa con un maggior rischio di complicanze, ma non alla sopravvivenza complessiva, cancro-specifica e libera da recidive.
Lo studio, in conclusione, suggerisce che la misurazione della proteina C-reattiva può costituire un test semplice e di basso costo per valutare il rischio di mortalità prima dell’inizio della terapie e impostare quindi cure personalizzate.