- Indice:
- Che cosa caratterizza il vaginismo dal punto di vista psicologico?
- Dal punto di vista psichico, quante donne soffrono di vaginismo?
- Dal punto di vista psichico, che cosa contribuisce al vaginismo?
- Esperienze fisiche negative possono concorrere a peggiorare l'atteggiamento emotivo verso la penetrazione?
- Quali vissuti relativi alle dinamiche di coppia o familiari possono ulteriormente contribuire al vaginismo?
- Quali fattori di rischio possono contribuire al vaginismo?
- Le frasi ricorrenti
- Quanto può agire, in positivo, il desiderio di maternità?
- Nel vaginismo, in che modo agisce la psicoterapia?
- Il partner può trovare aiuto nella psicoterapia?
- In che modo la psicoterapia si integra con le altre terapie specifiche del vaginismo?
- Quanto dura la psicoterapia?
- Approfondimenti specialistici
Che cosa caratterizza il vaginismo dal punto di vista psicologico?
La contrazione involontaria dei muscoli che circondano la vagina (“muscolo elevatore dell’ano”) può contribuire all’incapacità di tollerare la penetrazione non solo da un punto di vista “meccanico”, ma anche psicologico.
La frustrazione psicologica raggiunge livelli molto alti perché la paura della penetrazione si può estendere dal tampone vaginale più piccolo o all’esame del paptest, alla visita ginecologica, all’introduzione dello speculum o del membro maschile, anche se di dimensioni ridotte, nonostante il desiderio espresso verbalmente dalla donna di volere la penetrazione.
Questo impedisce non solo una vita intima di soddisfazione, ma anche un’adeguata attenzione verso la propria salute e la cura personale.
Dal punto di vista psichico, quante donne soffrono di vaginismo?
Quando ciò accade la donna è lasciata sola nel suo sconforto, con un forte senso di impotenza e di colpa che si sviluppa ulteriormente, se è indotta a pensare che tutto il problema sia nella “sua testa”. Ecco perché poi il problema peggiora anche in senso psicologico, con aumento dell’ansia relativa all’intimità sessuale e alla depressione reattiva al senso di inadeguatezza, all’incapacità di “essere una donna normale” e alla frustrazione del desiderio di maternità.
Dal punto di vista psichico, che cosa contribuisce al vaginismo?
Alto è il numero di donne che attribuiscono all’educazione ricevuta, spesso di tipo religioso, la vera causa del loro problema. Fattori frequentemente copresenti includono:
- conflitti relativi all’identità sessuale;
- un rapporto ambivalente con il proprio corpo;
- un’immagine corporea problematica;
- la disperata difesa del proprio corpo, inteso come unico “bene” strettamente personale;
- un severo ed esasperato senso del dovere, che non permette di provare piacere;
- una forte ansia come tratto del carattere o della personalità, e non solo come sintomo di un disturbo da curare;
- l’immaturità psicosessuale;
- la paura di crescere, a volte legata a disturbi del comportamento alimentare. In questi casi, infatti, il bisogno ossessivo di controllo sul cibo si può estendere anche alla sessualità (e, d’altra parte, non si può privare il corpo del nutrimento necessario e poi consentirgli il piacere dell’abbandono).
Esperienze fisiche negative possono concorrere a peggiorare l'atteggiamento emotivo verso la penetrazione?
- pratiche mediche invasive;
- maltrattamenti;
- abusi e violenze.
Quali vissuti relativi alle dinamiche di coppia o familiari possono ulteriormente contribuire al vaginismo?
- a parole ascoltate che le “fanno male”, che la fanno sentire svalorizzata come donna, o addirittura disprezzata;
- al sentirsi usata e non amata;
- alla paura di una gravidanza, magari non espressa al partner, perché la coppia non osa o comunque non ha mai discusso il problema della contraccezione.
Dal punto di vista erotico, poi, si tratta spesso di coppie arrivate al matrimonio del tutto vergini e inesperte, anche sui preliminari e sull’alfabeto essenziale dell’intimità sessuale. Ecco allora che l’inesperienza di entrambi può causare manovre “maldestre”, che possono far male e comunque non eccitare, perdendo quelle note di gioco, di tenerezza consapevole e di piacere che sono caratteristiche essenziali di un’intimità amorosa e sensuale.
Rispetto alla famiglia di origine, poi, emerge spesso la paura di perdere completamente il ruolo di figlia, diventando moglie e madre (e quindi una paura, in realtà, di staccare il cordone ombelicale dalla famiglia d’origine). Paura frequentemente condivisa dal partner, che presenta la stessa dinamica di attaccamento nei confronti della propria famiglia.
Quali fattori di rischio possono contribuire al vaginismo?
- con una bassa autostima;
- incapaci di essere progettuali e di volere fortemente che le cose cambino davvero;
- che abbiano avuto modelli di riferimento punitivi verso la sessualità.
Le frasi ricorrenti
- Ho paura di farmi male
- Quando avverto che mi desidera, mi irrito e divento a mia volta irritante
- So di essere rigida e di non essere capace di abbandonarmi, e questo mi fa paura
- Ho paura del dolore fisico che immagino di provare, se permetto la penetrazione
- Vorrei morire, quando vedo in lui quello sguardo che sembra dirmi: non ci riusciremo mai!
- Penso di violare il mio corpo e non riesco a pensare ad altro
Quanto può agire, in positivo, il desiderio di maternità?
Altre donne desiderano un figlio biologico, ma non vogliono affrontare la loro avversione verso la penetrazione, arrivano anche ad accettare il rapporto, ma solo con quell’obiettivo. In questi casi, i dati ci dicono che dopo la nascita del bambino l’argomento sessualità, in quella coppia, ridiventa un tabù.
Nel vaginismo, in che modo agisce la psicoterapia?
Gli obiettivi terapeutici nel quadro del vaginismo normalmente sono:
- creare empatia tra la paziente e lo/la psicoterapeuta, in modo da favorire un’espressione sincera e profonda sul proprio stato d’animo;
- valutare la motivazione che la donna ha nei confronti della psicoterapia e, più in generale, della soluzione del problema del vaginismo;
- favorire la comprensione del concetto di cambiamento, indispensabile per avanzare a piccoli passi ma con ritmo;
- modificare abitudini e stile di vita, per ottenere un “quotidiano” di maggiore qualità;
- desensibilizzare le paure, insegnare a gestire l’ansia imparando a riconoscerla, affrontarla e modularla;
- migliorare il rapporto con il proprio corpo imparando ad amarlo e a prendersene cura;
- lavorare con le emozioni per educare la donna ad ascoltarsi;
- indagare l’autostima e il senso di sicurezza personale, e la sempre difficile gestione dei sensi di colpa;
- valutare eventuali traumi, abusi, maltrattamenti o violenze;
- migliorare o intensificare il dialogo di coppia;
- rivedere lo “sguardo” sul partner;
- insegnare ad affrontare i conflitti sviluppando l’assertività, per una più facile comunicazione nel rispetto di sé e dell’altro;
- imparare a “ri-toccare” e riesplorare il corpo con curiosità e amore;
- rivalutare l’importanza dello sguardo e delle carezze;
- imparare a spostare l’attenzione sull’altro.
Il partner può trovare aiuto nella psicoterapia?
- ha sviluppato a sua volta un’ansia di prestazione nei confronti del rapporto;
- ha ricevuto un’educazione fortemente repressiva, limitata, o colpevolizzante nei confronti della sessualità;
- è poco assertivo e non riesce a vivere con positività anche la minima aggressività implicita nella penetrazione.
In che modo la psicoterapia si integra con le altre terapie specifiche del vaginismo?
Quanto dura la psicoterapia?
In ogni caso, è essenziale che la psicoterapia sia sempre integrata con una terapia sessuologica specifica del vaginismo, associata poi a farmaci, fisioterapia o altro, a seconda della severità dl problema e delle comorbilità associate.
Approfondimenti specialistici
Il dolore segreto - Le cause e le terapie del dolore femminile durante i rapporti sessuali
Mondadori, Milano, 2005
Leiblum S.R.
Vaginismo: un problema estremamente sconcertante
in: Leiblum S.R. Rosen R.C. (Eds), Principi e pratica di terapia sessuale. Edizione italiana aggiornata a cura di Alessandra Graziottin, CIC Edizioni Internazionali, Roma, pag. 219-228, 2004