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Il vaginismo - 5: Aspetti psicologici

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06/03/2008

Dott.ssa Chiara Micheletti
Psicoterapeuta
Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica, H. San Raffaele Resnati, Milano

Che cosa caratterizza il vaginismo dal punto di vista psicologico?

In campo psicologico si considera il vaginismo una reazione di paura condizionata che può diventare una fobia vera e propria legata all’idea della penetrazione e del dolore che si teme sia ad essa associato. Frequentemente il dolore viene associato a penetrazioni immaginate o tentate, e non riuscite. La paura anticipatoria e/o la memoria anche di un’unica esperienza negativa possono allora attivare una risposta di allarme fisico e psichico alla sola idea della penetrazione.
La contrazione involontaria dei muscoli che circondano la vagina (“muscolo elevatore dell’ano”) può contribuire all’incapacità di tollerare la penetrazione non solo da un punto di vista “meccanico”, ma anche psicologico.
La frustrazione psicologica raggiunge livelli molto alti perché la paura della penetrazione si può estendere dal tampone vaginale più piccolo o all’esame del paptest, alla visita ginecologica, all’introduzione dello speculum o del membro maschile, anche se di dimensioni ridotte, nonostante il desiderio espresso verbalmente dalla donna di volere la penetrazione.
Questo impedisce non solo una vita intima di soddisfazione, ma anche un’adeguata attenzione verso la propria salute e la cura personale.

Dal punto di vista psichico, quante donne soffrono di vaginismo?

Quantificare quante siano le donne che soffrono di questo problema non è facile. Si ritiene verosimile che l’incidenza oscilli intorno al 1% delle donne in età fertile. Tuttavia, il numero di donne che ancora non consulta un medico per affrontare il problema è alto: retaggi culturali e personali, pesanti sensi di inadeguatezza verso i modelli sociali prevalenti, che fanno credere che la sessualità sia sempre facile e dia sempre appagamento, inibiscono ulteriormente. Quindi l’incidenza è probabilmente superiore anche perché spesso non esiste una vera diagnosi medica a riguardo.
Quando ciò accade la donna è lasciata sola nel suo sconforto, con un forte senso di impotenza e di colpa che si sviluppa ulteriormente, se è indotta a pensare che tutto il problema sia nella “sua testa”. Ecco perché poi il problema peggiora anche in senso psicologico, con aumento dell’ansia relativa all’intimità sessuale e alla depressione reattiva al senso di inadeguatezza, all’incapacità di “essere una donna normale” e alla frustrazione del desiderio di maternità.

Dal punto di vista psichico, che cosa contribuisce al vaginismo?

Le origini del vaginismo racchiudono spesso la loro causa nella storia personale ed emotiva delle donne che soffrono di questo disturbo.
Alto è il numero di donne che attribuiscono all’educazione ricevuta, spesso di tipo religioso, la vera causa del loro problema. Fattori frequentemente copresenti includono:
- conflitti relativi all’identità sessuale;
- un rapporto ambivalente con il proprio corpo;
- un’immagine corporea problematica;
- la disperata difesa del proprio corpo, inteso come unico “bene” strettamente personale;
- un severo ed esasperato senso del dovere, che non permette di provare piacere;
- una forte ansia come tratto del carattere o della personalità, e non solo come sintomo di un disturbo da curare;
- l’immaturità psicosessuale;
- la paura di crescere, a volte legata a disturbi del comportamento alimentare. In questi casi, infatti, il bisogno ossessivo di controllo sul cibo si può estendere anche alla sessualità (e, d’altra parte, non si può privare il corpo del nutrimento necessario e poi consentirgli il piacere dell’abbandono).

Esperienze fisiche negative possono concorrere a peggiorare l'atteggiamento emotivo verso la penetrazione?

Sì. Al vaginismo possono anche contribuire vissuti corporei negativi relativi a:
- pratiche mediche invasive;
- maltrattamenti;
- abusi e violenze.

Quali vissuti relativi alle dinamiche di coppia o familiari possono ulteriormente contribuire al vaginismo?

La donna che già soffra di ansia anticipatoria nei confronti dell’intimità sessuale può sentirsi ulteriormente ferita emotivamente, e “chiudersi” ancora di più nella sua “corazza muscolare”, di fronte:
- a parole ascoltate che le “fanno male”, che la fanno sentire svalorizzata come donna, o addirittura disprezzata;
- al sentirsi usata e non amata;
- alla paura di una gravidanza, magari non espressa al partner, perché la coppia non osa o comunque non ha mai discusso il problema della contraccezione.
Dal punto di vista erotico, poi, si tratta spesso di coppie arrivate al matrimonio del tutto vergini e inesperte, anche sui preliminari e sull’alfabeto essenziale dell’intimità sessuale. Ecco allora che l’inesperienza di entrambi può causare manovre “maldestre”, che possono far male e comunque non eccitare, perdendo quelle note di gioco, di tenerezza consapevole e di piacere che sono caratteristiche essenziali di un’intimità amorosa e sensuale.
Rispetto alla famiglia di origine, poi, emerge spesso la paura di perdere completamente il ruolo di figlia, diventando moglie e madre (e quindi una paura, in realtà, di staccare il cordone ombelicale dalla famiglia d’origine). Paura frequentemente condivisa dal partner, che presenta la stessa dinamica di attaccamento nei confronti della propria famiglia.

Quali fattori di rischio possono contribuire al vaginismo?

Anche per l’aspetto psicologico esistono fattori di rischio che risiedono nelle personalità più fragili, e in particolare nelle donne:
- con una bassa autostima;
- incapaci di essere progettuali e di volere fortemente che le cose cambino davvero;
- che abbiano avuto modelli di riferimento punitivi verso la sessualità.

Le frasi ricorrenti

- Sento come se avessi un muro lì
- Ho paura di farmi male
- Quando avverto che mi desidera, mi irrito e divento a mia volta irritante
- So di essere rigida e di non essere capace di abbandonarmi, e questo mi fa paura
- Ho paura del dolore fisico che immagino di provare, se permetto la penetrazione
- Vorrei morire, quando vedo in lui quello sguardo che sembra dirmi: non ci riusciremo mai!
- Penso di violare il mio corpo e non riesco a pensare ad altro

Quanto può agire, in positivo, il desiderio di maternità?

Moltissimo! Spesso è questa la motivazione più forte che spinge la donna e la coppia a superare l’imbarazzo, la vergogna, la paura “di essere i soli con questo problema”, per chiedere aiuto. Esiste infatti una forte tensione emotiva per chi desidera fortemente un bambino e soffre di vaginismo. Molte donne trovano una forte motivazione nell’iniziare il trattamento e nel continuarlo con grande impegno e grande fiducia, proprio in questo desiderio di maternità.
Altre donne desiderano un figlio biologico, ma non vogliono affrontare la loro avversione verso la penetrazione, arrivano anche ad accettare il rapporto, ma solo con quell’obiettivo. In questi casi, i dati ci dicono che dopo la nascita del bambino l’argomento sessualità, in quella coppia, ridiventa un tabù.

Nel vaginismo, in che modo agisce la psicoterapia?

La psicoterapia da affiancare al trattamento sessuologico dà spesso ottimi risultati soprattutto nei casi di vaginismo lieve o moderato.
Gli obiettivi terapeutici nel quadro del vaginismo normalmente sono:
- creare empatia tra la paziente e lo/la psicoterapeuta, in modo da favorire un’espressione sincera e profonda sul proprio stato d’animo;
- valutare la motivazione che la donna ha nei confronti della psicoterapia e, più in generale, della soluzione del problema del vaginismo;
- favorire la comprensione del concetto di cambiamento, indispensabile per avanzare a piccoli passi ma con ritmo;
- modificare abitudini e stile di vita, per ottenere un “quotidiano” di maggiore qualità;
- desensibilizzare le paure, insegnare a gestire l’ansia imparando a riconoscerla, affrontarla e modularla;
- migliorare il rapporto con il proprio corpo imparando ad amarlo e a prendersene cura;
- lavorare con le emozioni per educare la donna ad ascoltarsi;
- indagare l’autostima e il senso di sicurezza personale, e la sempre difficile gestione dei sensi di colpa;
- valutare eventuali traumi, abusi, maltrattamenti o violenze;
- migliorare o intensificare il dialogo di coppia;
- rivedere lo “sguardo” sul partner;
- insegnare ad affrontare i conflitti sviluppando l’assertività, per una più facile comunicazione nel rispetto di sé e dell’altro;
- imparare a “ri-toccare” e riesplorare il corpo con curiosità e amore;
- rivalutare l’importanza dello sguardo e delle carezze;
- imparare a spostare l’attenzione sull’altro.

Il partner può trovare aiuto nella psicoterapia?

Certamente. Il partner può trarre beneficio da una psicoterapia individuale se:
- ha sviluppato a sua volta un’ansia di prestazione nei confronti del rapporto;
- ha ricevuto un’educazione fortemente repressiva, limitata, o colpevolizzante nei confronti della sessualità;
- è poco assertivo e non riesce a vivere con positività anche la minima aggressività implicita nella penetrazione.

In che modo la psicoterapia si integra con le altre terapie specifiche del vaginismo?

E’ indispensabile che lo/la psicoterapeuta faccia parte di un gruppo multidisciplinare, così da garantire che la paziente e la coppia vengano diagnosticati e curati in modo integrato. La condivisione del lavoro terapeutico è anche essenziale per una crescita del rispetto e dell’integrazione delle diverse componenti biologiche, psichiche e relazionali che contribuiscono al vaginismo, nella donna e nel partner, così da ottimizzare tempi e risultati della cura.

Quanto dura la psicoterapia?

Questo dipende molto dalla gravità delle implicazioni psicologiche e dal tipo di intervento psicoterapeutico. Può variare da circa 10 sedute, per i casi di vaginismo lieve-medio, in cui la donna ha solo bisogno di migliorare il proprio senso di femminilità, l’assertività, la capacità di amare il proprio corpo anche nella sensualità. Può arrivare all’anno di terapia o più (circa 45 sedute) se emergono conflitti intensi rispetto alla femminilità, se la fobia è profondamente radicata, se l’immagine corporea è ferita da pregressi abusi o violenze, se sono presenti comorbilità importanti, per esempio con altre fobie o con disturbi del comportamento alimentare.
In ogni caso, è essenziale che la psicoterapia sia sempre integrata con una terapia sessuologica specifica del vaginismo, associata poi a farmaci, fisioterapia o altro, a seconda della severità dl problema e delle comorbilità associate.

Approfondimenti specialistici

Graziottin A.
Il dolore segreto - Le cause e le terapie del dolore femminile durante i rapporti sessuali
Mondadori, Milano, 2005

Leiblum S.R.
Vaginismo: un problema estremamente sconcertante
in: Leiblum S.R. Rosen R.C. (Eds), Principi e pratica di terapia sessuale. Edizione italiana aggiornata a cura di Alessandra Graziottin, CIC Edizioni Internazionali, Roma, pag. 219-228, 2004

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