Guida alla lettura
La voce di questo poeta, che ci giunge da un passato remotissimo (oltre 2600 anni fa), ci ricorda le parole di un altro grande lirico, Giuseppe Ungaretti: “Si sta come /d'autunno /sugli alberi /le foglie”. E l’amarezza di Leopardi: “Fieramente mi si stringe il core, /a pensar come tutto al mondo passa, /e quasi orma non lascia” (La sera del dí di festa, vv. 28-30).
La sorte di questi poeti, ancora oggi eloquenti, ci dimostra però che la morte può non avere l’ultima parola. Se ciò che facciamo – in famiglia, nel lavoro, nelle passioni del tempo libero – lo facciamo con amore, e coltivando i nostri talenti naturali, qualcosa di noi può sopravvivere. E anche la vecchiaia può adornarsi di una propria bellezza, differente certo, ma in nulla inferiore a quella della giovinezza. Allora, come afferma un grande uomo spirituale del nostro tempo, Enzo Bianchi, la nostra vita può diventare “un capolavoro”.
di primavera genera, quando del sole ai raggi
crescono: brevi istanti, come foglie, godiamo
di giovinezza il fiore, né dagli dei sappiamo
il bene e il male. Intorno stanno le nere dee:
reca l’una la sorte della triste vecchiezza,
l’altra di morte. Tanto dura di giovinezza
il frutto quanto in terra spande la luce il sole.
Ma, quando questa breve stagione è dileguata,
allora, anzi che vivere, è più dolce morire.
Biografia
I brevi frammenti che ci restano di lui delineano una concezione pessimistica della vita e sono sufficienti per collocarlo fra i maestri assoluti della parola, dell’immagine e del ritmo. Gli antichi filologi alessandrini lo inserirono, insieme con Filita e Callimaco, nel canone dei poeti elegiaci.