Guida alla lettura
La vecchiaia che Mimnermo paventa – «dolorosa e deforme, odiosa e spregevole a un tempo» – è certamente distante dalle possibilità oggi offerte dalla medicina e dall’attenzione agli stili di vita. Ma il culmine emotivo si trova negli ultimi due versi: la vecchiaia «fa dell’uomo un perfetto sconosciuto, e col suo velo gli acceca vista e intelletto».
L’anziano come “sconosciuto”: un’intuizione straordinaria e terribile, in cui ritroviamo la crudele indifferenza di cui gli esseri umani sono capaci quando l’altro diviene fragile, e dunque inutile e irrilevante; ma anche l’orrore della perdita del senso di sé, che colpisce per esempio chi soffre di demenza. Allora i ricordi si fanno confusi, i giorni tutti uguali, e davvero diventiamo sconosciuti a noi stessi e agli altri: è il “vivere non esistendo” narrato da Montale, la solitudine spietata di tante odi leopardiane, il “gorgo” muto di cui parla Pavese.
Eppure, nel 2008, commentando “Noi siamo come foglie”, scrivevamo: «Se ciò che facciamo – in famiglia, nel lavoro, nelle passioni del tempo libero – lo facciamo con amore, e coltivando i nostri talenti naturali, qualcosa di noi può sopravvivere. E anche la vecchiaia può adornarsi di una propria bellezza, differente certo, ma in nulla inferiore a quella della giovinezza». Parole di speranza che vogliamo ripetere anche oggi, anche di fronte alla disperazione di questa lirica splendida e immortale: perché l’amore infuso nelle cose e nei gesti di ogni giorno può davvero donare alla nostra vita una prospettiva sull’infinito, e salvare ciò che siamo stati dalla discesa nel nulla.
e io tremo a contemplare il fiore della giovinezza,
seducente e a un tempo leggiadro.
Potesse durare più a lungo!
Ma l’età cara è fuggitiva come un sogno.
A un tratto le incombe sul capo
la vecchiaia dolorosa e deforme,
odiosa e spregevole a un tempo.
Essa fa dell’uomo un perfetto sconosciuto,
e col suo velo gli acceca vista e intelletto.
Biografia
I brevi frammenti che ci restano di lui delineano una concezione pessimistica della vita e sono sufficienti per collocarlo fra i maestri assoluti della parola, dell’immagine e del ritmo. Gli antichi filologi alessandrini lo collocarono, insieme con Filita e Callimaco, nel canone dei poeti elegiaci.