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Il vaginismo - 2: Da che cosa è provocato

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06/03/2008

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Introduzione

Nella scheda precedente abbiamo esaminato le caratteristiche generali e i sintomi del vaginismo. In questa ne illustriamo le cause:
- biologiche, con riferimento all’ipertono muscolare, alla fobia e agli eventuali ostacoli anatomici alla penetrazione;
- psicosessuali personali;
- di coppia.

La vostra voce - Che cosa causa il vaginismo?

Ho avuto un’educazione molto molto rigida, proprio fobica. Mia madre aveva il terrore che potessi restare incinta prima del matrimonio. Mi ha lucchettato il cervello! Ecco il risultato: anche adesso che sono sposata non riesco a lasciarmi andare e far l’amore. E’ più forte di me...


Fin da piccola mi hanno spaventata i racconti drammatici che una mia zia faceva dei suoi parti. Adesso ho anch’io il terrore del parto! Pensa che questo mi abbia bloccata anche lì?


Ho tante fobie. Ho il terrore degli ascensori, delle piume, dei serpenti... E anche il terrore di avere un rapporto. Comincio a sudare, tremo, mi prende l’angoscia. Non riesco a dominarmi!


Credo che la causa di tutto sia l’abuso sessuale che ho subìto da parte di uno zio all’età di dieci anni... Ora sono in psicoterapia: sto meglio di una volta, ma il dolore resta. Cosa posso fare?


L’unico trauma che ricordo è stata la sutura genitale che mi è stata fatta in pronto soccorso per una caduta sulla canna della bicicletta quando avevo sei anni! “Sono solo tre punti”, aveva detto il medico, che mi ha cucito così, senza anestesia! Ma io ho provato un dolore atroce e un’angoscia indicibile!


Non mi sembra di avere problemi psicologici. Però c’è qualcosa di fisico, lì giù, che non va. Sono chiusa, è un muro!

Che cosa provoca il vaginismo?

La vagina, in sé, non è affatto stretta: è anzi l’organo del corpo forse in assoluto più elastico e distensibile, visto che durante il parto consente il passaggio di un bambino di tre o quattro chili! La sua distensibilità, tuttavia, è condizionata dalla tensione e dall’elasticità del muscolo che la circonda verso l’esterno e che viene detto “elevatore dell’ano”, o “pubococcigeo”.
Questo muscolo chiude il bacino in basso, circonda la vagina, l’uretra (il condottino da cui esce l’urina) e l’ano, ed è soggetto a controllo sia volontario sia involontario. Normalmente ha un suo “tono”, ossia una sua attività basale caratterizzata da piccole contrazioni involontarie: questo gli consente di svolgere in modo ottimale la sua funzione di supporto dei visceri che si trovano nel piccolo bacino e, in parte, nell’addome. Può però essere ulteriormente contratto a livello volontario, per esempio quando si vogliono trattenere l’urina o le feci (e questa manovra chiude anche l’ingresso vaginale).
In condizioni normali, l’attività basale scompare in modo riflesso quando la donna “spinge”, per andare di corpo o urinare. Può invece distenderlo in un rapporto sessuale desiderato, e persino contrarlo ritmicamente durante la penetrazione, per aumentare il suo piacere e quello del partner.
Nelle donne che soffrono di vaginismo, la frequenza e l’intensità delle contrazioni basali involontarie è più marcata: il muscolo si contrae eccessivamente e in modo del tutto involontario (si parla di muscolo “iperattivo”, una condizione rilevabile con un’elettromiografia), “chiude” l’entrata della vagina e determina uno spasmo che dà alla donna (e al suo compagno) la sensazione di “avere un muro lì”.
Come abbiamo già ricordato nella scheda predecente (Il vaginismo – Prima parte: che cos’è e quali sono i sintomi), nel vaginismo questa contrazione è sempre associata a un grado più o meno elevato di fobia.
La contrazione muscolare e la paura della penetrazione possono dipendere da fattori biologici, fattori psicosessuali personali e fattori di coppia. Ciascun gruppo di cause può agire da fattore predisponente (favorire l’insorgere della malattia), precipitante (scatenare la malattia) e/o di mantenimento (ostacolare la guarigione) (Graziottin 1988, 1995, 2004, 2005, 2007, Graziottin et Al 2004, Graziottin e Brotto 2004).

Fattori biologici

Le cause fisiche e biologiche del vaginismo sono state trascurate per decenni, in quanto se ne vedeva solo la componente psichica. Esse sono invece molto potenti e concorrono a spiegare:
- la contrazione del muscolo elevatore;
- la fobia del rapporto;
- eventuali ostacoli anatomici alla penetrazione.
Vediamole in dettaglio.

1. Cause biologiche della contrazione muscolare

L’ipertono del muscolo elevatore dell’ano è il principale fattore biologico del vaginismo: un fattore critico non solo per la sua importanza nella genesi e nel mantenimento del disturbo, ma anche perché è spesso trascurato nell’esame clinico obiettivo. I fattori scatenanti possono essere molteplici. L’iperattività muscolare, infatti:
- può essere espressione dello stato di “allarme” fisico generale associato alla fobia severa: in tal caso fa parte di quell’allerta muscolare che, come abbiamo visto, coinvolge tutti i muscoli del corpo di fronte a uno stimolo reale o simbolico che crei angoscia e paura (Van der Velde et Al. 2001);
- può dipendere da disturbi legati al muscolo stesso o da cause neurologiche: si parla in tal caso di “neurodistonia muscolare” o di “ipertono miogeno”, ossia espressione di una patologia primaria del muscolo (in analogia al torcicollo congenito, in cui il muscolo è ipercontratto e accorciato, probabilmente anche su base genetica) (Graziottin 2004, Graziottin et Al. 2004, Bertolasi et Al. 2008);
- può essere attivata dal dolore stesso – genitale, anale o vescicale – specialmente se questo si manifesta sin dalla fase pre-pubere;
- può comparire, dopo mesi o anni di rapporti normali, in seguito a ripetute infezioni da Candida, che infiammano la mucosa vaginale. Il dolore provocato dall’infiammazione provoca allora una contrazione muscolare riflessa;
- può infine essere associato a una vescica iperattiva: la paura di perdere urina, soprattutto se la donna soffre di urgenza minzionale e/o di enuresi fin da bambina, può indurre a tenere il muscolo elevatore costantemente contratto, per migliorare il controllo della minzione. In questi casi, la contrazione muscolare può finire per cronicizzarsi (Chiozza e Graziottin, 2004).
L’ipertono muscolare tende a innescare un vero e proprio “circuito del dolore”: man mano che i rapporti dolorosi si susseguono, la paura anticipatoria del dolore innesca un’ulteriore contrazione muscolare difensiva che rende la penetrazione ancora più difficile e dolorosa, in un circolo vizioso che – se non interrotto – tende ad autoalimentarsi fino all’evitamento di ogni forma di intimità. In questo modo, un meccanismo difensivo finisce per provocare l’effetto opposto: anziché evitare nuovo dolore, lo causa e lo amplifica.
Il circuito del dolore spiega come la paura del dolore inneschi una contrazione muscolare difensiva che rende la penetrazione ancora più difficile e dolorosa, in un circolo vizioso che – se non interrotto – tende ad autoalimentarsi fino all'evitamento di ogni forma di intimità.
Il circuito del dolore spiega come la paura del dolore inneschi una contrazione muscolare difensiva che rende la penetrazione ancora più difficile e dolorosa, in un circolo vizioso che – se non interrotto – tende ad autoalimentarsi fino all'evitamento di ogni forma di intimità.

2. Cause biologiche della fobia

Abbiamo visto (Il vaginismo – Prima parte: che cos’è e quali sono i sintomi) come l’attacco di panico e il relativo picco di adrenalina scatenino un terremoto neurovegetativo assolutamente involontario e incontrollabile, con sudorazione fredda e profusa, vasocostrizione periferica, tachicardia, tachipnea, aumento della tensione muscolare generale, paura, angoscia, “fame d’aria”.
Contrariamente a quanto spesso si pensa, anche la fobia ha una base neurobiologica (talora su base genetica): nelle donne che soffrono di vaginismo sono infatti più reattive le parti del cervello che coordinano i livelli d’ansia. E’ inoltre frequente che la signora soffra di altre fobie e/o di attacchi di panico, in relazione a stimoli in genere emotivamente “neutri” (piume, serpenti, spazi chiusi…).
Insistere, irritarsi, o invocare la “buona volontà” della donna, non ha nessun senso – né per il partner, né tantomeno per il medico. In caso di fobia severa è anzi proprio questa base neurobiologica a indicare, come vedremo, l’uso di farmaci che aiutino a ridurre la vulnerabilità alla fobia e all’ansia, facilitando così la progressione della terapia (Graziottin 2004, 2007, Graziottin e Rovei 2007, Plaut et Al. 2004).

3. Ostacoli anatomici alla penetrazione

A volte, la causa dell’impossibilità ad avere rapporti è innanzitutto anatomica, e può essere determinata dalla presenza:
- di un imene particolarmente fibroso e rigido;
- di setti vaginali trasversali che, come l’imene, sono residui dello sviluppo embrionale;
- di una sindrome di Rokitansky, caratterizzata dalla mancanza di due terzi della vagina (“agenesia vaginale”), in cui restano in forma rudimentale la parte più interna della vagina (rispetto all’imene) e l’utero. In questo caso, è possibile ottenere una neovagina o per dilatazione progressiva dello spazio tra vescica e ano (è la tecnica migliore, se i tessuti sono abbastanza elastici) o con la costruzione di una vagina ex-novo, usando tessuto dell’intestino o peritoneo.
Il dolore provato a causa dei ripetuti tentativi di penetrazione, anche se provocato da una causa anatomica, può concorrere allo sviluppo del vaginismo vero e proprio, inteso cioè come fobia della penetrazione e contrazione muscolare riflessa. La contrazione, come abbiamo ormai ben chiaro, contribuisce a rendere la penetrazione ulteriormente dolorosa o addirittura impossibile.

Fattori psicosessuali personali

Includono tutte le cause legate alla storia personale e/o familiare, al contesto sociale, all’educazione ricevuta, e che abbiano indotto o peggiorato la paura della penetrazione. Appartengono a questo gruppo di fattori:
- le inibizioni educative, che abbiano associato la sessualità alla colpa, alla vergogna o al dolore;
- l’eccessivo valore attribuito dalla famiglia o dal contesto sociale alla verginità;
- la paura della deflorazione, indotta magari da racconti sentiti in famiglia o fra amiche;
- la paura di una gravidanza indesiderata, accompagnata da ambivalenza verso la contraccezione ormonale;
- la paura della gravidanza e del parto, più frequente se in famiglia ci sono state gravidanze ad alto rischio, gestosi, parti traumatici o addirittura morti materne in travaglio o dopo il parto;
- una grave immaturità psicosessuale e la paura di crescere;
- conflitti relativi all’identità sessuale e all’orientamento del desiderio in chiave omo o eterosessuale.
Tutti questi fattori (soprattutto l’educazione restrittiva) possono creare una paura della penetrazione che si struttura negli anni sino a diventare una vera e propria fobia (Graziottin 1988, 2007, Leiblum 2004).
In tali situazioni la causa prima è psicologica – la paura del rapporto – ma diventa anche fisica in quanto la contrazione persistente del muscolo, spesso protratta per anni, finisce per automantenersi e stabilizzarsi. In altre parole, uno stato di spasmo muscolare del muscolo elevatore diventa la postura abituale, come se una sorta di “ruggine biologica” lo bloccasse in quella situazione. A questo punto la penetrazione diviene difficile o addirittura impossibile, e per guarire il solo lavoro psicologico non basta più: occorre un approccio integrato, medico e psicosessuale.
A volte la paura della penetrazione è legata a traumi emotivi specifici:
- pregresse molestie o tentativi di violenza: questi eventi creano uno stato di paura verso la vulnerabilità genitale e il muscolo elevatore si contrae difensivamente, quasi per proteggere la donna da un’invasione che giustamente la terrorizza. La memoria dell’abuso, o il fatto che la molestia si sia ripetuta, possono poi attivare uno stato di iperattività stabile. In parallelo, si attiva una condizione di vulnerabilità psichica chiamata “sindrome post-traumatica da stress” e caratterizzata da iperattività neurovegetativa, ansia somatizzata, difficoltà di concentrazione e di memoria, insonnia, disturbi dell’appetito e gastrointestinali, tachicardia;
- indagini mediche dolorose subite nell’infanzia o nella prima adolescenza a scopo diagnostico (cistoscopie, tamponi uretrali o vaginali, tamponi rettali) o terapeutico (cateterismi uretrali, imenotomie per imene imperforato, clisteri);
- traumi accidentali (con lesione dei genitali esterni), che possono indurre una grande paura del contatto fisico, sia per il dolore in sé sia per effetto delle cure ricevute (suture, medicazioni, controlli), soprattutto se svolte senza delicatezza;
- mutilazioni genitali femminili rituali, praticate nell’infanzia secondo l’uso ancora vigente in alcuni Paesi. Il dolore e la violenza patita attivano un vaginismo grave nel 5% delle donne che abbiano subito questo tipo di trauma.
Spesso più fattori psichici sono presenti nella singola donna (Graziottin 1988, 1995, 2005, 2007, Graziottin et Al. 2004, Plaut et Al. 2004).

Fattori di coppia

Spesso la coppia condivide una simmetrica paura rispetto alla penetrazione: lei ha paura di essere penetrata e lui (inconsciamente) ha paura di penetrare. Il 32% dei partner di donne vaginismiche, nella mia esperienza clinica, presenta disturbi sessuali quali la difficoltà a mantenere l’erezione o una ejaculazione precocissima, che spesso esprimono (Graziottin 1988, 1995):
- un carattere emotivo, ansioso, insicuro;
- l’ansia inconscia relativa alla penetrazione e alla sua implicita aggressività;
- la paura di far male alla compagna.
Sovente, in casi di questo tipo, entrambi i partner sono alla prima scelta affettiva e sono arrivati vergini al matrimonio, normalmente per ragioni di fede religiosa. Spesso hanno una scarsissima esperienza nell’intimità erotica, in quanto la relazione nel corso degli anni si è maggiormente sviluppata sul fronte affettivo e della tenerezza. Nella maggioranza dei casi si tratta di un amore che è cresciuto piano piano con la conoscenza reciproca, fondato sul desiderio di costruire una famiglia e di avere dei figli. Entrambi i coniugi sentono molto forte il bisogno di certezze affettive, di sicurezza emotiva, di stabilità. Non conoscono, tranne qualche eccezione, i furori della passione, preferendo una quieta intimità. Una minoranza di queste coppie riesce a vivere comunque una variata e soddisfacente intimità sessuale, da cui resta esclusa solo la penetrazione. Ma quando la motivazione ad avere un figlio è molto forte, superano la vergogna, prendono coraggio e chiedono aiuto, non tanto per la difficoltà sessuale in sé, quanto per coronare il sogno di diventare genitori.
Un altro tratto comune, in queste coppie, è il profondo attaccamento alla famiglia di origine: soprattutto la donna continua a sentirsi più “figlia di” che “moglie di” (Graziottin 1988, 1995, 2004, 2005, Graziottin et Al. 2004).
Naturalmente, la presenza di un sintomo sessuale importante in entrambi i partner aumenta la probabilità che il matrimonio – o comunque il rapporto – non venga consumato. Si parla in tal caso di “coppia disfunzionale”.
In positivo, la risoluzione del problema femminile è spesso sufficiente a normalizzare anche la funzione sessuale del partner. In alcuni casi, inoltre, la componente fobica tende a ridursi spontaneamente proprio quando la relazione di coppia ha qualità e profondità emotiva, e quando la donna non si sente “pressata” al rapporto fisico, ma amata e attesa.
In altri casi è necessario affrontare in parallelo i problemi di entrambi. Ecco perché è indispensabile valutare ed eventualmente trattare la coppia, e non solo la donna, curando in ciascuno il sintomo sessuale e, insieme, i fattori psicoemotivi che lo alimentano, “fluttuando” dall’uno all’altro partner.
La comprensione dei possibili cofattori psicosessuali personali e di coppia è preziosa per una terapia davvero attenta alla complessità e al significato dell’esperienza sessuale (Graziottin 1988, 1995, 2004, 2005, 2007, Graziottin et Al. 2004, Leiblum 2004, Plaut et Al. 2004).

Il vaginismo può presentarsi in comorbilità con altri disturbi?

Certamente. Ricordiamo innanzitutto che il termine “comorbilità” indica la presenza contemporanea di sintomi e patologie associati al disturbo primariamente indagato. Nel caso del vaginismo, si possono riscontrare frequenti comorbilità in ambito sia biologico, sia psicosessuale. In positivo, una loro accurata diagnosi può portare a una terapia più efficace e soddisfacente, perché attenta all’intera persona e al suo benessere.
Sul fronte biologico, va sottolineato come il muscolo elevatore, contraendosi, restringa (naturalmente in modo reversibile) il diametro delle tre strutture che circonda e sostiene, tutte fondamentali per la salute della donna:
- la vagina, con dolore ai rapporti e vaginismo;
- l’ano, con emorroidi e stipsi di tipo “ostruttivo” (Graziottin et Al. 2004); una stipsi intensa è presente nel 57,2% delle pazienti affette da vaginismo grave;
- l’uretra, con iperattività della parete vescicale, urgenza minzionale e cistiti postcoitali.
L’eccessiva contrazione del muscolo elevatore è dunque un importante fattore di comorbilità fra dispareunia, vaginismo, disturbi urinari e disturbi proctologici.
Sul fronte psicosessuale, la donna affetta da vaginismo spesso riferisce anche un’attenuazione progressiva del desiderio nel corso del tempo, scarsa eccitazione (con modesta o assente lubrificazione) e difficoltà all’orgasmo. Il disturbo più frequentemente associato è proprio la difficoltà di eccitazione, e la cosa non deve stupire: il dolore (non desiderato) è in assoluto l’inibitore più potente dell’eccitazione genitale. Il vissuto dopo il rapporto sarà poi sempre più deludente e finirà per inibire ulteriormente il desiderio, in un circolo vizioso che, come abbiamo più volte sottolineato, finisce per portare al blocco di ogni intimità.
Il vaginismo, infine, è spesso associato ai disturbi del comportamento alimentare. Nella mia esperienza clinica, un terzo delle ragazze anoressiche soffre anche di vaginismo di vario grado. In questi casi il bisogno ossessivo di controllo, che domina il rapporto con il cibo, si estende anche alla sessualità, fino a bloccarla completamente.

Approfondimenti generali

Graziottin A.
Il dolore segreto – Le cause e le terapie del dolore femminile durante i rapporti sessuali
Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2005

Con un linguaggio semplice ed empatico, e insieme con rigore scientifico, il libro guida le lettrici e i lettori alla scoperta dei complessi meccanismi nervosi, immunologici, ormonali, muscolari e infettivi che presiedono all’insorgenza e alla progressione del dolore sessuale. Esamina le diverse patologie che causano il sintomo doloroso, lo sottendono e lo esasperano, ne esplora le implicazioni psicologiche, nella donna e nella coppia. Per ogni causa delinea una nuova prospettiva terapeutica, aprendo un orizzonte di speranza a chi, forse, aveva smesso di credere di poter guarire.

Approfondimenti specialistici

Bertolasi L. Frasson E. Bottanelli M. Vicentini S. Didonè G. Graziottin A. 2008
Coexisting idiopathic cervical dystonia and primary vaginismus: a case report
Journal of Neurology 2008 Mar; 255 (3): 443-5


Chiozza M.L. Graziottin A. 2004
Urge incontinence and female sexual dysfunction: a life span perspective
Graziottin A. (Guest Ed.), Female Sexual Dysfunction: Clinical Approach
Urodinamica, 14 (2): 133-138, 2004


Engman M. Wijma K. Wijma B. 2007
Itch and burning pain in women with partial vaginismus with or without vulvar vestibulitis
J Sex Marital Ther. 2007 Mar-Apr; 33 (2): 171-186


Graziottin A. 1988
Analfabetismo erotico e vaginismo
In Benagiano G. Pasini W. (a cura di), Attualità in biosessuologia. Le psicoterapie sessuali, Atti del IX Congresso Nazionale della Società Italiana di Sessuologia Clinica, Roma, 6-8 dicembre 1986, Masson Editore, Milano, 1988, pag. 75-78


Graziottin A. 1995
Vaginismo e dispareunia
In Marandola P. (a cura di), Andrologia e Sessuologia Clinica, Edizioni La Goliardica Pavese, Pavia, 1995, pag. 247-254


Graziottin A. 2004
Il ginecologo e la dispareunia
In Leiblum S.R. e Rosen R. (Eds), Principi e pratica di terapia sessuale, Edizione italiana aggiornata a cura di Alessandra Graziottin, Roma, CIC Edizioni Internazionali, 2004, pag. 248-267


Graziottin A. 2005
Sexual pain disorders in adolescents
In Genazzani A.R. (Ed), Proceedings of the XI World Congress of Human Reproduction, CIC Edizioni Internazionali, Roma, 2005, pag. 434-449

Graziottin A. 2007
Vaginismo: fisiopatologia e diagnosi
in: Jannini E.A. Lenzi A. Maggi M. (Eds), Sessuologia Medica. Trattato di psicosessuologia e medicina della sessualità, Elsevier Masson, Milano, 2007, p. 374-379


Graziottin A. Bottanelli M. Bertolasi L. 2004
Vaginismus: a clinical and neurophysiological study
In Graziottin A. (Guest Editor), Female Sexual Dysfunction: clinical approach, Urodinamica 14, 117-121, 2004


Graziottin A. Brotto L. 2004
Vulvar Vestibulitis Syndrome: clinical approach
Journal of Sexual Marital Therapy, 30, 125-139, 2004


Graziottin A. Rovei V. 2007
Sexual pain disorders
in: Owens A.F. Tepper M.S. (Eds), Sexual Health, Praeger, Westport (CT, USA) - London (UK), 2007, p. 287-313


Leiblum S.R. 2004
Il vaginismo: un problema estremamente sconcertante
In Leiblum S.R. e Rosen R. (Eds), Principi e pratica di terapia sessuale, Edizione italiana aggiornata a cura di Alessandra Graziottin, Roma, CIC Edizioni Internazionali, 2004, pag. 219-238


Plaut M. Graziottin A. Heaton J. 2004
Sexual dysfunction
Fast Facts Series, Health Press, Oxford, UK, 2004


Van der Velde J. Laan E. Everaerd W. 2001
Vaginismus, a component of a general defensive reaction. An investigation of pelvic floor muscle activity during exposure to emotion-inducing film excerpts in women with and without vaginismus
International Urogynecology Journal of Pelvic Floor Dysfunction, 12, 328-331, 2001

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