La prima (difficilissima, non ci sono mai riuscita ma ne ho capito l’essenzialità quando mi sono dovuta fermare per forza): non fatevi mai toccare, se non ne avete voglia. Non fingetevi eccitate solo perché siete miti e fate troppa attenzione a non ferire nessuno, o perché decidete di assecondare certi momenti per paura di perdere il partner.
Il secondo suggerimento: curate il corpo e la mente insieme. I farmaci e le indicazioni di un grande specialista si occuperanno delle ferite del vostro corpo. Le parole e il rapporto con un grande psicoterapeuta cureranno la mente e il cuore.
Questa è la mia storia: dieci anni di cistiti. La cistite che si trasforma nel dolore assoluto. Il dolore mi trasforma il corpo, la mente, la vita. Che ve lo racconto a fare? Non si capita mai per caso in questi siti e chi mi legge sa di che dolore parlo. Dieci anni di peregrinazioni da uno specialista all’altro: tutti sapevano tutto, ma non riuscivano a curarmi. Un’odissea. Mi sentivo “maledetta”. Pensavo: «Ho un corpo di donna e una vagina da bambina, che non può essere toccata. Fossi stata un po’ meno bella e un po’ più funzionante…». Dieci anni di rapporti, dieci anni di dolore.
Poi, a trent’anni, l’incontro con una dottoressa che mi mette letteralmente il sale sulla ferita quando mi tocca tra le gambe. Ricordo il mio urlo soffocato. Era dicembre, ho sentito l’inverno arrivare dagli angoli, da tutti i mille spifferi del Nord. E la diagnosi: vestibolite vulvare. Questa sconosciuta... La dottoressa mi imbottisce di farmaci, di divieti, mi proibisce persino i jeans. E “non si fa l’amore”. Per due anni e mezzo l’unica cosa che mi penetra è l’ago delle iniezioni di botulino, per rilassare il muscolo elevatore dell’ano, estremamente contratto. E’ questo muscolo che, restringendo l’entrata vaginale, mi predispone al dolore alla penetrazione e al trauma vescicale, durante il rapporto, che causa poi la cistite. Poi un’altra visita: “Puoi riprovare”.
Quando ho visto che in questo sito c’erano le testimonianze di tante persone come me, per molti mesi non ho scritto nulla, perché non avevo nulla da raccontare per dare coraggio alle altre donne. Al suo: “Puoi fare l’amore”, rispondeva il mio: “Non ci riesco”. Non sapevo che dentro di me stavo lavorando sulla strada della guarigione. In quei due anni di cure – che a me sembravano solo di inutilità, di dolore e di solitudine – stavo in realtà preparando il mio corpo e il mio cuore ad accogliere l’uomo che io chiamo il “punto” (mi viene in mente una frase da quando l’ho incontrato: “Pensavo fossi una virgola, invece sei diventato il punto”... come a dire che mi fermo con lui).
E in effetti a primavera è soffiato un vento nuovo e da quattro mesi riesco a fare l’amore; non spesso, non per troppo tempo, ma ci riesco. Sono innamorata di lui, la mia intimità lo ama e, nonostante a volte faccia male e ricominci qualche cistite, voglio andare avanti.
Allora questa è la mia testimonianza: ero morta, sono rinata (e quando sono rinata avevo le sue braccia intorno a me), a volte fa male e ho paura che tutto ricominci. Non so quello che devo fare, ma so quello che vorrei: vivere questo amore. Forse un giorno dovrò fermarmi di nuovo perché magari le cistiti saranno un’altra volta frequenti e il dolore al rapporto e i muscoli duri mi menomeranno come è già successo.
Io non lo so come andrà. Parlerò a settembre di tutto questo con la mia dottoressa. Tra di noi ci sarà la solita scrivania e i pochi minuti a disposizione. Io invece vorrei prenderle le mani e chiederle cosa fare adesso: che faccio, preziosissima? Vivo senza fastidi, con una vagina bellissima e casta, e senza il timore del bagno il giorno dopo che lui ha spinto? Quanto è rischioso per la mia salute l’amore? Che faccio, preziosissima? Mi fermo o continuo ad amare? E se dovesse ricominciare tutto da capo, Lei mi potrà aiutare o c’è solo una possibilità di guarigione nella vita?
Guarite anche voi, care amiche: anche se dovrete soffrire e penserete che non stia cambiando nulla, io vi auguro di rinascere come è successo a me.
Non so se e quanto durerà, ma fosse anche solo per qualche mese, avrò vissuto.
Barbara T.