Introduzione
In questa terza parte approfondiamo i criteri diagnostici che permettono di accertare l’eventuale componente psicogena del dolore: in particolare, analizziamo le differenze chiave fra dolore somatico e dolore psicogeno, e illustriamo alcune domande chiave da formulare nell’ambito dell’iter diagnostico.
Dolore psicogeno: criteri diagnostici
Alcune domande chiave
La domanda sulla “qualità del sonno”, apparentemente neutra, può fornire informazioni preziose. Come regola generale, il dolore nocicettivo peggiora di notte; il dolore neuropatico puro o psicogeno, invece, usualmente si placa durante il sonno. Tuttavia le pazienti con una componente psicogena del dolore, soprattutto se associata a un disturbo post-traumatico da stress (Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD), riportano una bassa qualità del sonno, definito come leggero, disturbato, con frequenti interruzioni, con un risveglio mattutino molto precoce, non riposante, e con la sensazione, al mattino, di essere più stanche della sera prima. Tutti questi cambiamenti sono usualmente correlati all’iper-eccitazione tipica, per esempio, di abusi pregressi e/o dei disturbi post-traumatici da stress. Il punto chiave è che l’alterazione del ritmo del sonno è uno dei fattori biologici di stress più importanti, e contribuisce al senso di debolezza, di astenia, di sfinimento fisico e mentale, in aggiunta al parallelo aumento degli indici di infiammazione. Inoltre i frequenti incubi, anche a contenuto confuso, dovrebbero allertare sul rischio concreto di pregressi abusi fisici o sessuali, con parallela iperattività del sistema di allerta e adrenergico che può contribuire ad amplificare qualsiasi segnale di dolore.
Quando si formulano domande su eventuali eventi stressanti, è assolutamente cruciale capire se ci sia un qualche legame temporale e/o simbolico con l’inizio o la localizzazione del dolore.
La qualità della risposta al dolore, o “coping”, è un’altra area critica. Le pazienti con una significativa componente psicogena del dolore tendono ad avere una risposta poco capace di adattarsi alle difficoltà della vita (Mombelli, 2003). Il modo in cui esse le affrontano è inadeguato: possono essere travolte anche da eventi minori. La tendenza al catastrofismo è l’atteggiamento più pericoloso per una cura efficace del dolore. Persino di fronte a un diario auto-gestito del dolore, indicante un evidente miglioramento del dolore stesso, di fronte alla domanda «Come si sente adesso?», queste pazienti rispondono «Malissimo, come al solito». «Ma il suo diario indica un netto miglioramento…». «Sì, ma se peggioro di nuovo?». Questo tipo di risposta può indicare che la vita della paziente è stata profondamente strutturata intorno a differenti esperienze di dolore, e/o che essa non crede più alla possibile risoluzione del suo problema, o, ancora, che “perdere” il suo dolore può provocare la perdita di determinati vantaggi secondari.
Conclusioni
Approfondimenti specialistici
Chronic pain – advances in psychotherapy. Evidence based practice
Cambridge, MA, Hogrefe & Huber, 2008
Mombelli F.
Dolore psicogeno
In: Panerai AE, Tiengo MA (Eds): Le basi farmacologiche della terapia del dolore
Milano, Edi-Ermes, 527-536, 2003