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Vivere vibrando nel faccia a faccia con la morte

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21/01/2009

Tratto da:
David F. Ford, Dare forma alla vita, Edizioni Qiqajon, Monastero di Bose, Magnano (BI), 2003, p. 77-80

Guida alla lettura

In questa breve e densissima pagina, David Ford parla di vita, vocazione e morte, spiegandoci che solo un senso della morte non represso, e il continuo ricentrarsi su ciò che davvero conta di fronte alla finitezza dei nostri giorni, ci possono permettere di plasmare con sapienza la nostra vita, e accogliere con gioia la nostra vocazione, qualunque essa sia.
Ce lo dimostra la vita di Etty Hillesum, perita nell’abisso di Auschwitz, che nel faccia a faccia con la morte e con Dio riuscì a trovare il realismo, la fiducia, la capacità di vibrare all’unisono con la vita che aveva sempre cercato nella sua inquieta giovinezza. E ce lo conferma la vita dell’uomo Gesù, che mai ebbe un senso represso della morte, e anzi insegnò ai suoi discepoli che la disponibilità a perdere la propria vita è la via più sicura per riconquistarla in profondità, sconfiggendo il nulla che la morte porta con sé.
Una riflessione che proponiamo a tutti, laici e credenti, perché tutti – con cammini diversi – aspiriamo a una pienezza che vada al di là della nostra fragilità, e ci permetta di sopravvivere nel cuore delle persone che abbiamo amate, nelle opere che abbiamo compiute, nel ricordo di Dio.
Gesù era realista. Per lui era assolutamente chiaro che parlare e agire in linea con la realtà di Dio avrebbe comportato l’intolleranza di molti. Rappresentava una minaccia per tutti quegli interessi acquisiti connessi alla religione, al denaro, alla vita familiare, alla politica e allo status sociale (basti leggere il discorso della montagna, ai capitoli 5-7 di Matteo). Molti dei più forti desideri umani sono legati a questi interessi. Gesù ha insegnato e dimostrato un’alternativa centrata, sopra ogni altra cosa, sul desiderare Dio e il regno di Dio. La posta in gioco era la più alta possibile ed egli sapeva bene che quella definitiva è la vita stessa. Questo significava affrontare la morte.
Ho un amico, Nicholas Peter Harvey, che per molti anni è stato faccia a faccia con la morte e ha anche scritto riguardo a Gesù e alla morte (The morals of Jesus, Darton, Longman & Todd, London 1991). Nel suo libro parla di Etty Hillesum, una giovane donna ebrea olandese che ha lasciato un diario e delle lettere a testimonianza dei mesi trascorsi in un campo di transito, prima di essere mandata ad Auschwitz, dove morì. I suoi scritti la mostrano affrontare al tempo stesso la morte e Dio e sottoporsi a una considerevole trasformazione. Si ritrova, così, libera di amare la vita, di aiutare gli altri, di scrivere in modo vivido e commovente degli eventi che le accadono intorno. Al cuore della sua trasformazione c’è un continuo ricentrarsi su ciò che realmente conta di fronte alla morte. In una lettera, lei scrive:
«La gente si smarrisce dietro ai mille piccoli dettagli che qui ti vengono continuamente addosso, e in questi dettagli si perde e annega. Così, non tiene più d’occhio le grandi linee, smarrisce la rotta e trova assurda la vita. Le poche grandi cose che contano devono essere tenute d’occhio, il resto si può tranquillamente lasciar cadere. E quelle poche cose grandi si trovano dappertutto, dobbiamo riscoprirle ogni volta in noi stessi per poterci rinnovare alla loro sorgente. E malgrado tutto si approda sempre alla stessa conclusione: la vita è pur buona... Questa è la mia convinzione, anche ora, anche se sarò spedita in Polonia con tutta la famiglia» (E. Hillesum, Lettere, 1942-1943, Adelphi, Milano, 1990, p. 75).
L’osservazione di Harvey è che tutti noi, a qualche livello, siamo consapevoli che moriremo, ma reprimiamo il nostro senso della morte. Questo incide su di noi in molti modi indiretti, che privano la vita della sua gioia o ci portano a perderci nei dettagli. Quando Etty Hillesum si è messa di fronte a questa realtà, non con stoicismo, angoscia o disperazione, ma confidando in un Dio della vita, allora ha potuto vivere vibrando nel faccia a faccia con la morte.
Uno dei più profondi segreti della vocazione di Gesù è che aveva in sé un senso della morte non represso. Egli ha insegnato ai suoi discepoli che non c’è sequela sulla via del regno di Dio senza la volontà di sottomettervi la propria vita: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8,34); «Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà» (Lc 17,33).
Una vocazione che non abbia fatto i conti con la morte, in questo senso, probabilmente si svilupperà senza gioia: l’abbondanza di vita e l’immersione nella morte sono inscindibili. Come possiamo sperare di plasmare con sapienza le nostre vite se non abbiamo affrontato la morte e non siamo disposti a correre il rischio? Solo questo può darci il realismo, la fiducia e quel profondo vibrare, necessari per desiderare ciò che davvero conta davanti a Dio.

Biografia

David Frank Ford (Dublino, 1948) è anglicano e, dal 1991, è Regius Professor di Cristologia e Teologia fondamentale e contemporanea all’Università di Cambridge, primo laico a ricoprire questo ruolo. I suoi scritti sono ispirati principalmente dalla teologia post liberale e narrativa.
I suoi interessi più recenti vertono sull’interpretazione della Sacra Scrittura alla luce del dialogo ecumenico e interreligioso, e nel contesto dello scenario internazionale successivo all’11 settembre. Il suo impegno mira da sempre ad «attingere da ogni tradizione interpretativa di testi sacri non cristiani spunti adatti a ripensare la stessa lettura cristiana della Bibbia, nonché per promuovere cammini di incontro tra le diverse tradizioni religiose» (Dare forma alla vita, Prefazione, p. 6). Si occupa anche dei rapporti delle religioni con le culture e le tradizioni secolari.
Sposato, con tre figli, collaboratore delle comunità dell’Arche fondate da Jean Vanier, unisce alla competenza accademica una passione per tutto ciò che è umano e una spiccata attenzione per la dimensione poetica dell’esistenza. Il volume da cui è tratto il passo è il suo primo libro tradotto in italiano.
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