Il trial, controllato e randomizzato, è stato condotto per tre mesi su 200 donne suddivise in due gruppi: un primo gruppo ha svolto sedute di 90 minuti di hatha yoga, due volte la settimana; il secondo gruppo, di controllo, non ha fatto nulla. Gli output presi in considerazione sono stati:
- i livelli di interleuchina-6, del fattore alfa di necrosi tumorale e di interleuchina-1β;
- i punteggi ottenuti con il Multidimensional Fatigue Symptom Inventory-Short Form (MFSI-SF) (questionario multidimensionale sui sintomi della fatica cronica), la “scala di vitalità” tratta dal Medical Outcomes Study 36-item Short Form (SF-36) (questionario sugli esiti delle terapie mediche) e la scala del Center for Epidemiological Studies-Depression (CES-D) (Centro di studi epidemiologici sulla depressione).
Questi, in sintesi, i risultati:
- all’inizio dello studio, il gruppo che partecipa alle sedute di yoga mostra livelli invariati di stanchezza ma già una maggiore vitalità rispetto al gruppo di controllo (P = .01)
- dopo tre mesi, il gruppo yoga presenta minori livelli di stanchezza (P = .002), maggiore vitalità (P = .01), e più bassi livelli di interleuchina-6 (P = .027), fattore alfa di necrosi tumorale (P = .027), e interleuchina-1β (P = .037);
- per quanto riguarda i livelli di depressione, invece, i gruppi non differiscono fra loro in entrambi i momenti di rilevazione;
- più le sedute di yoga sono frequenti, migliori sono i risultati.
Lo studio è molto interessante perché valuta l’esito dell’intervento di yoga utilizzando sia criteri soggettivi, quantizzati mediante questionari, sia biologici, quali il livello delle molecole infiammatorie. Dato che, maggiore è l’infiammazione, maggiore il rischio di tumori, di recidive ma anche di sintomi fisici diversi, dimostrare la riduzione di interleuchina-6 e interleuchina-1β, nonché del fattore alfa di necrosi tumorale, significa dimostrare che lo yoga non ha solo effetti benefici “psicologici” o “psicosomatici”, quali la minore stanchezza e la maggiore vitalità, ma correlati obiettivi di grande importanza per la cura, per l’aspettativa di salute, oltre che la percezione di salute.
Curiosamente, tuttavia, non migliorano gli indici di depressione. Un dato inatteso, per due motivi: da un lato, maggiore vitalità e minore stanchezza si associano in genere a minore depressione; dall’altro sappiamo che la depressione, dal punto di vista biologico, è una neuro-infiammazione dovuta sia all’inondazione del cervello prodotta da molecole infiammatorie (associate al tumore ma anche alle cure – come la chemioterapia – che le aumentano enormemente), sia alla loro produzione all’interno del cervello da parte della microglia. Data la documentata riduzione di molecole infiammatorie promossa dallo Yoga, ci si sarebbe aspettata una parallela riduzione della depressione. E’ anche possibile che una frequenza di pratica maggiore rispetto alle due volte la settimana possa promuovere benefici maggiori, come lo studio sembra suggerire, anche sul fronte dell’umore.
In conclusione, questo studio conferma come lo yoga possa costituire un’utile complemento nel recupero psicofisico delle donne operate e sottoposte a radio e chemioterapia per un cancro al seno.