Nel frattempo ho un bambino che non può abbracciarmi di slancio perché il seno mi fa molto male e lo deve fare sempre con molta cautela. In questo periodo leggo su una rivista che negli Stati Uniti eseguono mastectomie preventive e comincio a valutare una possibilità di questo tipo.
Nel 2001, in seguito a un’ecografia di routine, la radiologa evidenzia un’anomalia e mi esegue un agoaspirato. Visto l’esito il senologo, che in precedenza riteneva inutile l’esecuzione dell’agoaspirato, decide di ricoverarmi per effettuare una biopsia. Anche in questo caso la diagnosi non è preoccupante. Ormai però i radiologi, ogni volta che mi esaminano, restano sconvolti dall’aspetto radiologico del mio seno e mi consigliano di chiedere ai senologi di valutare la possibilità di una mastectomia preventiva dato che, secondo loro, le mie mammelle sono due “mine vaganti” che in qualsiasi momento potrebbero sviluppare un tumore. Ma i senologi continuano ad optare per la conservazione.
L’anno successivo, dopo una risonanza magnetica disastrosa, la stessa radiologa mi consiglia un altro senologo che mi mette di fronte a tre possibilità: non fare più niente, continuare con le biopsie o asportare tutto. Optiamo per un’ulteriore biopsia che questa volta evidenzia un carcinoma intraduttale!
A questo punto si decide “finalmente” per una mastectomia. Richiediamo espressamente che sia bilaterale, vista la gravità del caso. Nell’ottobre del 2002 mi operano, con conservazione dei capezzoli e contemporanea ricostruzione mediante protesi in gel.
Dopo tredici anni di visite, interventi, ecografie, mammografie con conseguenti ansie e preoccupazioni a non finire, ora sono finalmente tranquilla... Il mio seno ha un aspetto anche migliore di prima. L’unico inconveniente, di non poco conto, è che non ha più sensibilità, anche se con gli anni un po’ è tornata. Ma la serenità che ne è seguita mi ripaga ampiamente di questa menomazione... L’avessi fatto prima!
Serena V.