Sintesi dell'intervista e punti chiave
Drammi silenziosi intorno ai quali si tace troppo, quando si parla dei successi della fecondazione assistita. E anche se la qualità delle cure per i prematuri è in costante miglioramento, la comunità scientifica e i media dovrebbero essere molto più trasparenti sui risultati obiettivi della fecondazione assistita e sulle reali condizioni di salute dei bambini che sopravvivono. Perché l’impianto di tre o più embrioni aumenta la probabilità di una gravidanza plurigemellare e quindi di un parto molto prematuro, con tutte le conseguenze che questo comporta per la salute psicofisica dei neonati.
Quanti bambini sopravvivono alla “grande prematurità”, ossia a una nascita anteriore alla 25a settimana? E quanti di questi sono anche sani? Quali sono i fattori predittivi di una migliore aspettativa di vita e di salute in un bimbo prematuro?
In questa intervista illustriamo:
- i risultati di uno studio pubblicato nel 2000 dal New England Journal of Medicine e condotto su tutti i bambini (4004) nati alla venticinquesima settimana o prima, in Inghilterra e Irlanda (276 reparti di maternità), dal marzo al dicembre 1995: solo 1185 davano segno di vita alla nascita, solo 843 sono sopravvissuti nei pochi minuti fra il parto e il ricovero in rianimazione, e solo 314 sino stati dimessi vivi dopo una media di quattro mesi di cure;
- come, secondo il medesimo studio e dopo due anni di vita, solo il 49% sia perfettamente sano, mentre il restante 51% presenti disabilità più o meno rilevanti, e in molti casi di gravità tale da richiedere un’assistenza continua;
- i 5 fattori indipendenti predittivi di una migliore sopravvivenza fra i “grandi prematuri”: età gestazionale, peso alla nascita, sesso femminile, “score” di Apgar, assunzione di cortisonici in gravidanza (accelerano la maturazione dei polmoni del feto).
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