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Terapia del dolore 3 - I fattori che interferiscono con l'aderenza

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05/03/2008

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Sintesi della relazione “Importanza della compliance nei pazienti in terapia cronica” presentata dalla Professoressa Graziottin al Corso ECM su “Evoluzione clinica, farmacologica e normativa della terapia del dolore”, Milano, 4 dicembre 2007

Premessa

Come abbiamo visto nelle schede precedenti, l’aderenza è influenzata da molteplici fattori. Conoscerli può aiutarci a minimizzare i fattori negativi e ottimizzare quelli positivi. Secondo uno studio della WHO, le principali variabili da prendere in considerazione sono riconducibili a cinque categorie (WHO 2003):
- il/la paziente;
- la malattia;
- il regime terapeutico;
- il rapporto medico-paziente;
- il contesto socioeconomico e sanitario.
Nella seconda scheda (Terapia del dolore - Seconda parte: Che cosa succede quando il/la paziente non riesce ad aderire alla terapia antalgica) abbiamo esaminato in dettaglio i fattori legati al/la paziente, con particolare attenzione alla depressione. In questa terza parte illustriamo gli altri.

Quali fattori di aderenza sono legati alla malattia?

Il tipo e la gravità della malattia correlano in modo variabile con il grado di aderenza. Sono invece maggiormente significativi:
- la presenza e la gravità di sintomi, soprattutto di tipo doloroso;
- il livello di disabilità fisica, psicologica, sociale e lavorativa causata dalla malattia;
- il tipo di decorso;
- la disponibilità di trattamenti efficaci.
Questi fattori determinano la consapevolezza dei rischi legati alla patologia. La percezione della propria vulnerabilità aumenta il grado di priorità che il soggetto attribuisce all’assunzione della terapia e, quindi, la maggiore aderenza alla stessa.

Quali fattori di aderenza sono ricollegabili al regime terapeutico?

Le variabili legate al trattamento che possono influenzare l’aderenza sono numerose e comprendono (Graziottin 2007):
- il numero e la frequenza delle dosi da assumere;
- la comodità e la praticità di somministrazione (orale, transdermica, rettale, ecc.);
- le dimensioni e il sapore del farmaco;
- gli orari della terapia, e la loro eventuale interferenza con la vita quotidiana;
- la durata della terapia;
- la difficoltà di approvvigionamento e/o il costo del farmaco;
- la tollerabilità del farmaco e i suoi effetti collaterali;
- gli eventuali fallimenti precedenti con terapie analoghe.
Molti studi hanno dimostrato che quanto più lo schema di terapia diviene complesso, tanto minore è l’aderenza. Per esempio, il tasso di errori nell’assunzione della terapia è pari al 15% se le dosi giornaliere sono uniche, al 25% per dosi bi- o tri-giornaliere e al 35% per posologie ancora più frequenti nel corso della giornata (Stone 1979). Va considerato, per contro, che in una terapia monodose giornaliera la dimenticanza può provocare un abbassamento dei livelli plasmatici del farmaco al di sotto della soglia minima auspicabile.
L’aderenza alle formulazioni farmacologiche orali è inferiore rispetto a quelle parenterali (14-36% vs 10-76%, Mehta 1997).

Come si può migliorare l'aderenza dal punto di vista del regime terapeutico?

Una migliore aderenza si può invece ottenere con:
- formulazioni di farmaci combinate;
- formulazioni a lento rilascio (e quindi a lunga emivita);
- l’uso di sistemi a cessione transdermica (per esempio, cerotto settimanale, come avviene per la contraccezione ormonale, con le terapie ormonali per la menopausa, con la terapia antalgica transdermica) (Graziottin 2007).
I sistemi a cessione transdermica presentano un notevole vantaggio dal punto di vista dell’aderenza proprio perché meno vulnerabili ai molti fattori soggettivi che influenzano l’assunzione per via orale.
Da tali considerazioni possiamo dedurre che il regime terapeutico favorisce l’aderenza quanto più:
- è semplificato;
- si articola nel minor numero possibile di dosi giornaliere (terapie “once a day”) o, meglio ancora, in un’unica somministrazione settimanale;
- si adatta ai ritmi e agli impegni della vita quotidiana.

Osserviamo infine – nell’illustrazione – i risultati di uno studio prospettico, in aperto, condotto nel 2001 su 821 clienti di farmacie di New York. Le motivazioni addotte dai pazienti per la non-aderenza sono quanto mai varie, ma la maggioranza (55%) afferma semplicemente di aver dimenticato di assumere il farmaco. La frequenza di somministrazione può dunque influenzare in maniera decisiva l’aderenza alla terapia.

Quali sono i fattori di aderenza legati al rapporto medico-paziente?

Il rapporto medico-paziente e la struttura sanitaria entro la quale esso si svolge costituiscono il contesto nel quale viene decisa e accettata la terapia da parte del paziente. Con il medico, il paziente dovrebbe avere la sensazione di poter parlare liberamente e di poter acquisire tutte le necessarie informazioni sull’efficacia delle terapie e sui possibili eventi collaterali. Si è dimostrata erronea, infatti, l’idea che la conoscenza dei possibili effetti avversi induca i pazienti a non assumere le terapie. Un alto tasso di non-aderenza può invece nascere da incomprensioni nella comunicazione tra medico e paziente, o da situazioni logistiche sfavorevoli.
In sintesi, i principali fattori di aderenza legati al rapporto medico-paziente sono:
- la quantità e la qualità delle informazioni fornite;
- il coinvolgimento del paziente nel programma terapeutico;
- la qualità della relazione: linguaggio chiaro, comunicazione non verbale coerente con quella verbale, modo di ascoltare e di proporre, quantità di tempo dedicato alla visita;
- la competenza del medico;
- il tempo di attesa per la visita;
- la periodicità delle visite di controllo, la loro qualità e la possibilità di incontrare sempre lo stesso medico di riferimento.
In particolare, un linguaggio poco chiaro o un atteggiamento di scarsa considerazione della persona determinano un’aderenza più bassa. Infatti, oltre alle informazioni e alle rassicurazioni, anche la qualità della relazione in sé e l’atteggiamento del medico nei confronti del paziente hanno un impatto forte sull’aderenza e sulla persistenza: si è visto per esempio che i pazienti tendono ad assumere le terapie quando percepiscono che il terapeuta è interessato a loro come persone, e non solo da un punto di vista medico-tecnico (Murri 2000).
La stessa convinzione o meno del medico sulla reale efficacia della cura può essere commentata a livello non verbale (tono di voce, atteggiamento del volto, postura) e agire ulteriormente sulla motivazione del paziente a iniziare e/o continuare il trattamento. «Attenzione al linguaggio non verbale – avverte a questo proposito Glen Gabbard – Il paziente sorveglia sempre il suo medico!» (Psychodynamic Psychiatry in Clinical Practice, American Psychiatric Publishing, 1994).

Che cosa migliora la comunicazione medico-paziente?

Secondo la WHO, la chiave del successo della comunicazione medico-paziente risiede nei seguenti principi:
- fornire informazioni che ispirino fiducia e speranza;
- utilizzare un linguaggio semplice;
- coinvolgere il paziente in modo significativo;
- limitare le istruzioni (3-4 punti principali);
- integrare le informazioni verbali con materiale scritto;
- ripetere e dunque rinforzare, al termine della visita, i concetti discussi;
- quando possibile o necessario, coinvolgere il/la partner o un familiare.
In particolare, l’aderenza è massima quanto più il medico sa far emergere:
- le esigenze del paziente nei confronti della cura del dolore;
- le sue aspettative sulle modalità di assunzione, inclusa la “comodità”;
- le paure sugli effetti collaterali;
- le ambivalenze rispetto alla terapia nel suo complesso.

Ci sono frasi o atteggiamenti che possono aiutare il/la paziente a sentirsi capito/a nella sua difficoltà di seguire bene la terapia?

Sì: lo stile della comunicazione ha un’importanza decisiva. E’ necessario, per esempio, avere sempre un atteggiamento non giudicante, ma di comprensione ed empatia: «So quanto sia difficile prendere regolarmente tutti questi farmaci ogni giorno. Quanto spesso le succede di dimenticare un farmaco? Ce n’è qualcuno che dimentica più di altri? Secondo lei, perché?». E, ancora, prestare la massima attenzione ai fattori neurovegetativi, emotivi e cognitivi che possano interferire con la compliance: «Sa a che cosa servono i farmaci che sta prendendo? Avverte effetti collaterali che la disturbano particolarmente? Sente i miglioramenti che i farmaci le dovrebbero dare?».
Il tempo dedicato alla visita è, infine, di importanza cruciale: purtroppo tutte le ricerche indicano nel tempo uno dei fattori limitanti più forti nella comunicazione medico-paziente. Un’indagine americana effettuata tra il 1998 e il 1999 (Kravitz 2003) rivela che il 40% dei ginecologi interpellati non dedica un tempo sufficiente alle proprie pazienti, mentre nel biennio precedente questa stessa percentuale era significativamente inferiore (solo il 29%). Il 41% degli specialisti interpellati afferma inoltre di non essere in grado di assicurare ai propri pazienti la continuità di rapporto necessaria per una buona qualità della cura.

Quali fattori di aderenza sono infine legati al contesto socioeconomico e sanitario?

Pur non essendoci un consenso unanime sui risultati empirici, sono stati di volta in volta indicati come elementi predittivi di una scarsa aderenza:
- la povertà;
- un basso livello di istruzione;
- la disoccupazione;
- la mancanza di un’adeguata rete di supporto sociale;
- le condizioni di vita precarie.
Altre dimensioni socioeconomiche significative nel determinare un’inadeguata assunzione di farmaci sono:
- il costo delle medicine;
- una distanza eccessiva dal centro di trattamento;
- l’alto costo e/o la scarsa disponibilità dei trasporti;
- i pregiudizi culturali riguardo la malattia e il trattamento;
- un ambiente familiare disgregato.
Infine, possono favorire la non-aderenza anche diversi fattori legati al sistema sanitario:
- scarsa preparazione dei medici nella cura delle patologie croniche;
- mancanza di formazione medica sull’aderenza e sulla sua valutazione;
- eccessivo carico di lavoro per gli operatori sanitari e mancanza di incentivi;
- inefficiente distribuzione dei farmaci;
- incapacità nello stabilire un adeguato supporto sociale.

In sintesi

- I fattori in grado di influenzare compliance, aderenza al trattamento e soddisfazione d’uso sono molteplici
- La loro conoscenza da parte sia del personale sanitario, sia dei pazienti e dei loro familiari può contribuire a:
   • migliorare la comunicazione tra medico e paziente
   • migliorare la comprensione del regime di trattamento
   • aumentare la motivazione a seguire correttamente la terapia
   • ridurre le difficoltà
   • aumentare la percezione di una soddisfazione d’uso che motivi la continuazione della terapia, specie nei regimi cronici

Approfondimenti specialistici

Graziottin A.
Contraccezione ormonale. Le ragioni forti della compliance e dell'aderenza alla terapia
Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2007


Kravitz R.L. et Al.
Tracking career satisfaction and perceptions of quality among US obstetricians and gynecologists
Obstet Gynecol 2003; 102: 463-70


Mehta S. Moore R.D. Graham N.M.H.
Potential factors affecting adherence with HIV therapy
AIDS 1997; 11: 1665-70


Murri R. Antinori A. Ammassari A.
L’aderenza alla terapia antiretrovirale
Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2000


Stone G.C.
Patient compliance and the role of the expert
J Soc Issue 1979; 35: 34-59


World Health Organization (WHO)
Adherence to long-term therapies. Evidence for action
Geneva, Switzerland, 2003

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