L’adenomiosi è il nome che si attribuisce all’endometriosi quando l’endometrio ectopico è situato all’interno della parete muscolare dell’utero (miometrio).
La ricerca è stata condotta attraverso una review di letteratura e una meta-analisi dei dati raccolti. I ricercatori, in particolare, hanno raccolto in Medline tutti gli studi comparativi pubblicati in inglese, dal gennaio 1998 al giugno 2013, sui risultati della IVF/ICSI in donne con e senza adenomiosi. Due esponenti del team hanno provveduto in modo indipendente allo screening degli articoli, alla selezione di quelli più rilevanti e all’estrazione dei dati.
Su 17 articoli preselezionati, ne sono stati scelti infine 9 in cui la diagnosi di adenomiosi era stata effettuata con la risonanza magnetica o l’ultrasonografia transvaginale. La loro qualità è stata valutata attraverso la scala Newcastle-Ottawa. Questi 9 studi avevano coinvolto un totale di 1865 donne, di cui 665 in quattro studi prospettici osservazionali e 1200 in cinque studi retrospettivi.
Ecco i principali risultati:
- il tasso di gravidanza raggiunto con la IVF/ICSI è del 40.5% (123/304) nelle donne con adenomiosi e del 49.8% (628/1262) nelle donne senza adenomiosi;
- il rischio relativo (RR) di gravidanza varia da 0.37 (95% CI, 0.15-0.92) a 1.20 (95% CI, 0.58-2.45), con una significativa eterogeneità fra i diversi studi e un valore comune di 0.72 (95% CI, 0.55-0.95);
- il numero di aborti spontanei è riportato in 7 studi;
- il tasso di aborto spontaneo è del 31.9% (77/241) nelle donne con adenomiosi e del 14.1% (97/687) nelle donne senza adenomiosi;
- il rischio relativo di aborto spontaneo varia da 0.57 (95% CI, 0.15-2.17) a 18.00 (95% CI, 4.08-79.47), a seconda degli studi, con un valore comune di 2.12 (95% CI, 1.20-3.75).
In sintesi:
- le donne affette da adenomiosi hanno una probabilità di gravidanza da IVF/ICSI ridotta del 28% rispetto alle donne senza adenomiosi, a causa sia di un ridotto tasso di successo della gravidanza clinica e dell’impianto dell’embrione, sia di un accresciuto rischio di aborto spontaneo;
- prima di iniziare le procedure di procreazione assistita, si dovrebbe proporre uno screening per l’adenomiosi;
- i futuri studi di approfondimento dovrebbero confrontare i casi di adenomiosi con i controlli, misurare il tasso di nati vivi e prendere in considerazione solo i risultati relativi al primo ciclo di inseminazione artificiale.
A commento di questo eccellente studio, ribadiamo quanto espresso quasi un anno fa a proposito dell’articolo “The effect of endometriosis on in vitro fertilisation outcome: a systematic review and meta-analysis”, di H. Harb e collaboratori, e cioè che:
- l’infiammazione tissutale associata all’endometriosi è da considerarsi la causa più probabile della ridotta risposta alla fecondazione artificiale (“su un campo in fiamme non si semina”);
- i risultati confermano l’importanza di salvaguardare la fertilità della donna sin dagli esordi della malattia, avviando al più presto una gestazione naturale, quando possibile dal punto di vista affettivo ed esistenziale, o mettendo temporaneamente a riposo l’ovaio con terapie ormonali come il dienogest (l’unico progestinico specificamente approvato per la cura dell’endometriosi, che ha una dimostrata azione antinfiammatoria e antiangiogenetica) o, per brevi periodi, con GnRH-analoghi, o ancora ricorrendo alla crioconservazione degli ovociti o degli embrioni (anche se in quest’ultimo caso restano i limti ulteriori dovuti alle ridotte probabilità di impianto e agli aumentati aborti);
- è importante spiegare accuratamente alla donna e alla coppia quanto l’infiammazione associata all’endometriosi riduca la fertilità e come il tempo sia, anche in caso di fecondazione assistita, un fattore critico nel ridurre le possibilità concrete di gravidanza.
Infine, dal punto di vista clinico, è anche essenziale ricordare quanto sia importante tenere bassi i livelli di infiammazione del corpo con un peso nella norma, movimento fisico quotidiano (anche una passeggiata veloce di un’ora), giusto sonno (otto ore è perfetto), eliminazione di fumo e poco alcol, usando il profilattico con i nuovi partner per limitare il rischio di malattie sessualmente trasmesse. Più fattori possono contribuire ad aumentare l’infiammazione e a ridurre di conseguenza la fertilità. E’ quindi indispensabile educare a stili di vita sani per ottimizzare gli aspetti di salute dovuti a fattori modificabili.