Guida alla lettura
Il libro, innanzitutto, è una cronaca scrupolosa delle condizioni estreme della capitale venezuelana, quarta metropoli al mondo per tasso di omicidi, tre volte più dell’Iraq, quattro volte più del Messico dei narcos, con contorno di stupri, rapine, guerre tra bande e sequestri. Una città nella quale il 32 per cento della popolazione urbana vive nelle baraccopoli, i “rancho”, dove non mette il naso neppure la polizia. Dopo aver dipinto questo quadro sociale e morale, Ambra Radaelli si sofferma sulla descrizione puntigliosa del cosiddetto “El Sistema”, il gioiello sociologico e musicale voluto da Abreu, che oggi è una rete di quasi 300 scuole di musica, ciascuna delle quali con un’orchestra e con un coro: e basta pensare un attimo a come i nostri ragazzi fanno musica nelle scuole medie per capire “El Sistema”. Queste scuole sono sparse in tutto il Venezuela, anche nelle regioni più remote, tra i campesinos. In tutto, circa 350 mila piccoli allievi, coinvolti nell’educazione musicale a partire dai due anni.
La forza del sogno che Abreu ha dato al mondo è che questo “Sistema” – che parte dalla disperazione e dal dolore sociale, e infatti è presente anche in alcuni carceri e riformatori, tra ragazzi a rischio di incriminazione o già con condanne penali – riesce a cambiare radicalmente la vita di chi ne è protagonista, perché come dice Ambra Radaelli «insegna il senso e l’importanza di volare via, grazie alla musica, dalla propria miseria e dalle proprie miserie». Non si tratta, quindi, soltanto di togliere ragazzi poverissimi dalla strada grazie a una scuola di musica, che è già tantissimo. Ma di dare una prospettiva di superamento della sofferenza attraverso un’arte che, in quanto arte, spinge l’umanità più avanti, la rende più dignitosa e più degna.
Friedrich Nietzsche
Ho conosciuto “El Sistema” delle orchestre e cori giovanili e infantili in Venezuela nel 1999, durante una tournée con la Mahler Jugendorchester negli Stati Uniti e in alcuni paesi dell’America Latina, e ne sono rimasto subito impressionato. Quello che José Antonio Abreu ha realizzato in più di un trentennio è una cosa unica. Tutti i giovani, di qualsiasi età e ceto sociale, hanno la possibilità di studiare musica, e la formazione – così come gli strumenti – sono gratuiti. Il Sistema non è però una semplice scuola di musica, ma nasce espressamente per dare l’opportunità a centinaia di migliaia di giovani di avere un futuro. Come dice Abreu, la povertà più grande non sta nel non avere un pezzo di pane o un tetto, ma nell’essere un individuo isolato, che non fa parte di alcuna comunità e che non ha obiettivi. In una parola, nell’essere “nessuno”. Abreu ha impostato il Sistema proprio con questo obiettivo: dare uno scopo a ogni individuo, fornire a ogni giovane la possibilità di fare parte di una collettività, attraverso il fare musica insieme. L’orchestra come metafora della società – un’immagine che da noi rischia di apparire scontata e un po’ retorica – diventa nel Sistema una realtà concreta e tangibile. Fare musica insieme è di fatto la più efficace educazione alla vita comunitaria, al rispetto, alla disciplina e soprattutto all’ascolto reciproco.
L’ascolto è un elemento imprescindibile, anche se è quasi sempre trascurato, nella vita civile. Perciò sono da sempre convinto che non ci sia solo un valore estetico nel fare musica: dalla sua bellezza intrinseca, in grado di comunicare universalmente, scaturisce un intenso valore etico. La musica è necessaria alla vita, può cambiarla, migliorarla e in alcuni casi può addirittura salvarla. Per questo motivo da sempre insisto sull’importanza dell’educazione musicale, che in ultima analisi diventa educazione dell’uomo. Prima è però fondamentale che la musica sia accessibile a tutti, democraticamente. L’amico José Antonio Abreu ha fatto proprio questo: in Venezuela ora la musica è un bene comune, come l’acqua. Il suo sogno è quello di un paese di umanisti e di musicisti, dove la gente possa assumere dignità attraverso la forza dell’arte.
In Venezuela il Sistema è ovunque, perché si vuole che la musica sia ovunque. Ci sono centinaia di orchestre infantili e giovanili presenti in modo capillare in ogni regione e provincia, persino nei paesi remoti, e c’è un grande sforzo affinché tutti ragazzi possano avere accesso, nessuno escluso. Questa determinazione è alla base di uno dei progetti che più mi hanno commosso, l’ormai famoso “Coro Manos Blancas”, in cui i ragazzi non udenti o con disabilità “cantano” attraverso le loro mani, con guanti bianchi, esprimendosi attraverso coreografie molto comunicative. La musica in questo Paese è sempre presente, come strumento educativo e riabilitativo, o addirittura di riscatto...
Il Sistema è pubblico, sostenuto dal governo venezuelano, ma si avvale di finanziamenti privati reperiti in tutto il mondo grazie a un’instancabile opera di sensibilizzazione. Anche questo aspetto rappresenta sicuramente, a mio parere, un modello da imitare. Per reperire gli strumenti musicali, inoltre, c’è una vera e propria campagna di raccolta che si muove a livello praticamente mondiale. Vengono coinvolti i liutai di molti Paesi e gli stessi musicisti, che mettono a disposizione i propri strumenti inutilizzati. Quest’esempio ha felicemente contagiato anche in Italia, dove le campagne di raccolta “Costruire con la musica” vanno a beneficio dei Paesi in via di sviluppo, delle zone belliche e del nascente Sistema italiano... Il Sistema è una sorta di circolo virtuoso che individua, stimola e sviluppa grandi talenti, offrendo loro enormi opportunità. Ricordiamo Edicson Ruiz, primo contrabbasso dei Berliner, proveniente dai barrios di Caracas, Gustavo Dudamel, ormai riconosciuto come uno dei giovani direttori importanti a livello internazionale, e infine Diego Matheuz, direttore ospite principale dell’orchestra Mozart di Bologna e a soli 27 anni anche direttore principale del Teatro La Fenice di Venezia...
Ho notato un fenomeno significativo: tutti i musicisti che hanno avuto modo di conoscere da vicino il Sistema non hanno potuto fare a meno di farsene loro stessi ambasciatori, nei vari continenti. Hanno profondamente interiorizzato la consapevolezza che un semplice strumento musicale possa diventare un mezzo di crescita culturale e quindi sociale. Molti di loro si adoperano attivamente per avviare nei propri Paesi progetti musicali ed educativi che s’ispirano alla realtà venezuelana. Non appena conobbi da vicino il lavoro svolto da Abreu, feci avere al Sistema il patronato dei Berliner Philharmoniker. Non fu un atto solo simbolico, perché molti musicisti, da allora, vanno a insegnare in diverse città del Venezuela; da Berlino sono anche arrivati in dono molti strumenti. Dal 2005, per qualche anno, ho trascorso i mesi invernali a Caracas per lavorare con l’Orchestra Simón Bolívar. Sono stato raggiunto di volta in volta da molti amici, grandi musicisti che ancora oggi vanno offrire il loro contributo, insegnando o tenendo concerti...
Recentemente anche in Italia è nato il “Sistema delle orchestre e dei cori giovanili e infantili”. Il nostro è un Paese di grandissima cultura, e dovrebbe impegnarsi a fondo nel diffondere questa ricchezza, ma non si fa abbastanza per l’istruzione musicale, e questo mi sembra grave. Bisogna quindi che ci sia una collaborazione totale per realizzare un forte progetto comune. Certo, la situazione di partenza è diversa da quella venezuelana, ma è evidente che ogni regione ha le sue potenzialità per realizzare il modello del Sistema... Oltre che in Italia, fortunatamente, anche in molti altri Paesi sono stati avviati progetti analoghi grazie all’instancabile lavoro di Joseph Antonio Abreu, a cui sono legato da un rapporto di forti stima e amicizia. Ottimo musicista, già ministro della Cultura in Venezuela, Abreu è un personaggio di grande intelligenza e valore, che mantiene sempre, con la sua umiltà e semplicità, una profonda umanità. La mia ammirazione è soprattutto rivolta alla sua strenua determinazione nel realizzare ciò che, pur apparendo assolutamente impossibile, è ritenuto giusto. E’ proprio un esempio di quanto le idee buone possano davvero essere attuate al di là di ogni apparente limite. Abreu è riuscito a far vivere nel nostro tempo un nuovo umanesimo, concreto e tangibile, a realizzare un’utopia. Nel suo Paese, ha portato l’arte al centro del pensiero dello Stato, nel quale ora il vivere civile è incentrato sull’educazione alla cultura e alla bellezza, che nutrono intrinsecamente e trasmettono efficacemente a chi le coltiva i valori fondamentali del rispetto, dell’altruismo e della solidarietà. Attraverso la musica l’uomo di oggi si ritrova nuovamente cittadino, uomo politico nel senso più ampio del termine, persona consapevolmente inserita in una comunità che agisce nel suo interesse.
Personalmente posso dire che se è vero che la musica, fin da quando ero bambino, hai influenzato la mia visione della vita, è altrettanto certo che aver conosciuto José Antonio Abreu e il suo Sistema ha cambiato la mia visione del far musica.
Biografia
Gustavo Dudamel, 32 anni, direttore d’orchestra, è uno dei frutti più evidenti e maturi del “Sistema” creato da Abreu per portare la musica a tutte le fasce sociali, in Venezuela e nel mondo. Nato in una famiglia di musicisti (il padre è trombonista) impara a suonare il violino a 10 anni. A 23 vince il concorso per direttori d’orchestra “Gustav Mahler”. Viene notato da grandi direttori come Simon Rattle e Claudio Abbado durante diverse competizioni da lui vinte ed è invitato a dirigere l’orchestra nazionale del Venezuela (“Orquesta Sinfónica Simón Bolívar”). Dal 2006 è sotto contratto con la celebre etichetta discografica Deutsche Grammophon. Con la Jouth Orchestra Simón Bolívar ha impostato lui stesso, secondo la prassi del “Sistema” di Abreu, un programma nazionale di educazione dei giovani nelle fasce più disagiate del proprio Paese: centinaia di ragazzi che trovano nella musica la possibilità di riscattarsi e di aspirare a un’eccellente professione in giro per il mondo. I tour dell’Orchestra diretta da Dudamel sono originali per la commistione di repertorio classico e di musica latino-americana in chiave sinfonica.